Anything goes: contro il metodo in amore e nella scienza
Quanto è possibile programmare una scoperta? E un evento gioioso o luttuoso? Di sicuro molto è frutto di un’attenta analisi, ma talvolta quanto di meraviglioso o sgradevole possa accadere, avviene con una sorta d’imponderabilità che è propria anche delle trovate in fatto di scienza.
Boris Yellnikoff è una figura estremamente particolare. Misantropo, pessimista, con un look anticonformista, esattamente come tutte le sue idee. Più che mai colpisce il suo “whatever works” che potrebbe accostarsi ad una domanda in lingua inglese: what works well? Come un elettrodomestico fa in modo efficiente il suo lavoro, e solo per questo funziona bene, anche la vita dovrebbe essere studiata non in modo teorico, ma per come essa funzioni. Yellnikoff ha un suo alter ego nel pensatore viennese Paul Feyerabend che ha anch’egli un motto tanto simile nell’impianto della sua filosofia: anything goes, “tutto va bene”, in ambito scientifico, a patto che ovviamente funzioni. Nel monologo iniziale, Boris propone la sua bizzarra teoria.
Ogni informazione ritenuta buona e che proviene dal mondo nei rapporti sociali, dai media, dalla medicina, dallo sport, dall’etica, dalla politica non fa che portarci comunque alla bara. Ciascuno di questi ambiti ci promette di allungare la vita, ovvero di renderla migliore, completa e durevole. La verità secondo Yellnikoff è che morte e suicidio non sono biasimevoli e sono le uniche certezze fondative della nostra esistenza a fronte di tanti amori ed affari falliti.
Ovviamente, anche togliersi la vita dovrebbe però funzionare, ma per Boris non sarà esattamente così. Qualunque forma di gioia, felicità, affetto, bene, amore possa venire all’improvviso è dunque soggetta a questo perenne well working e secondo Yellnikoff, va presa per buona. Non dipende affatto dalla strategicità, dall’ ingegno o in rari casi addirittura dalla genialità del genere umano. Caso, fortuna, imponderabilità sono molto più validi di ogni teoria o metodo. Così appaiono senza fondamento tutti i festeggiamenti del capodanno, la volontà di divertirsi ad ogni costo, l’idea di un destino in cui credere e che ci porti ad amare e generare figli.
All’interno della narrazione tutte le certezze dei coprotagonisti sono sconvolte. Ci si può scoprire dediti alla poliandria dopo una vita da madre conservatrice, omosessuali dopo essere stati eterosessuali, mariti infedeli e padri non sempre esemplari, ricambiati in amore da una giovane e bella donna, salvo poi dover accettare che in tempi relativamente rapidi le sue attenzioni saranno rivolte ad un altro uomo. Persino un nuovo tentativo di suicidio di Boris innesca un imprevedibile rapporto con una futura compagna, ma per una pura fatalità.
Ecco profilarsi nuovamente il pensiero di Feyerabend. Anche la sua vita è uno specchio delle sue teorie. Iniziò a studiare filosofia per caso, mosso dall’esigenza di trovare un lavoro per mancanza di denaro. Questo paradigma proseguì in tutta la sua produzione, in quello che gli epistemologi definirono “anarchismo metodologico” nella sua più nota opera Contro il metodo. Il sottotitolo “abbozzo di una teoria anarchica della conoscenza” è più di un manifesto programmatico. La scienza ha ottenuto risultati molto più considerevoli quando non ha ordinato e programmato nulla. Nei momenti in cui si è imposta delle regole, gli esiti sono stati scontati, proprio come per le gioie nell’esistenza di Boris. Perché credere alle teorie scientifiche? Esse si sono reciprocamente attaccate e sostituite, per poi ammettere la fondatezza o meno di quanto precedentemente affermato. Nuovi esperimenti o fatti scientifici non esistono affatto, ma sono validi se funzionano bene, se convincono per un certo periodo gli scienziati. Così è stato, ad esempio, per i modelli dell’universo geocentrico ed eliocentrico. Essi sono solo il frutto di un percorso storico e non filosofico: i due metodi non erano certo preventivabili dagli addetti ai lavori. Contro il metodo cita casi famosissimi come prove del primato dell’anarchismo metodologico. Galileo chiamò “corpi celesti” tutti gli astri che osservava, perché aveva un cannocchiale molto rudimentale che provocava aloni blu durante l’osservazione del cielo. Ma le stelle non sono certo tutte celesti, tuttavia questo errore resta ancora presente nel nostro linguaggio, proprio come quello di chiamare Indiani i nativi del Nuovo Mondo dai tempi di Cristoforo Colombo. Copernico ipotizzò che le orbite dei pianeti fossero circolari e non ellittiche, ma nonostante questo evidente sbaglio, Keplero ne approvò la logica con delle leggi che prevedevano un moto ellittico dei pianeti. Tycho Brahe fece calcoli molto accurati senza usare alcun telescopio, mostrando la fallacia di alcuni aspetti teorici del copernicanesimo e cercando una conciliazione di eliocentrismo e geocentrismo, con un approccio superato solo da nuovi telescopi in uso duecento anni dopo. Secondo Feyerabend, se avessimo semplicemente atteso qualche anno e ci fossimo serviti di strumenti più avanzati, avremmo evitato tali errori di valutazione, giacché gli strumenti sono essi stessi motivo di condizionamento per gli scienziati ed il loro progresso tecnologico è più importante dell’approccio teorico coi quali essi vengono usati.
Più che mai “anything goes” poiché solo col tempo scopriamo per caso qualcosa di nuovo e, come per Boris coi sentimenti e la felicità, anche per Feyerabend bisogna prendersi quello che di buono la scienza ci offre, senza fare inizialmente programmi o ipotesi.
PARERGA E PARALIPOMENA
Per distruggere e per costruire
Sia essa di origine individualistica o legata a forme di pensiero di tutela di collettività, la parola anarchia suona come una logica che senza mezzi termini ci ricorda due tendenze della filosofia: destruens e costruens. Da un lato la vecchia definizione aristotelica, che legge nell’anarchismo la tremenda prospettiva di mera distruzione dell’ordine e l’impossibilità di gestione della sola forma politica possibile: quella della polis. Questa lettura è ben visibile non solo in chi ha assassinato o fatto esplodere bombe, ma anche in coloro i quali sono stati mal visti poiché nemici della pubblica sicurezza e di un metodo funzionale alla scienza ed alla regolamentazione di ogni attività sociale. Che siano scettici o simili a Feyerabend, questi uomini non sono mai piaciuti, al punto tale da essere talvolta accostati ai fautori di atti di violenza pur essendo innocenti. Ma chi ha amato il sogno dell’anarchia, non si è solo innamorato di un’utopistica possibilità di relazione basata sul rispetto della libertà individuale e sull’abbattimento di ogni forma di vincolo all’uomo offerta da poteri precostituiti. Molto spesso artisti e poeti che mostravano un’indole ed un temperamento anarchici, sono stati degli intelletti profondi, assolutamente incapaci di concepire e di fare del male al prossimo. Russia, Spagna. Belgio ed ovviamente anche Italia sono stati i luoghi elettivi che nell’Ottocento e nel Novecento hanno visto accrescersi sempre di più i principi dell’anarchismo, non esattamente inquadrabile sotto un’unica possibilità di esercizio filosofico. Il 12 dicembre è un giorno, per chi vive a Milano, legato solo ad un triste ricordo: la strage di Piazza Fontana. Due uomini, dichiaratamente legati al filone anarchico, vennero accusati di essere stati materialmente gli autori dell’attentato. Il secondo è stato assolto in ambito processuale: il suo nome era Pietro Valpreda. Il primo non ha fatto in tempo a farsi processare e dal 2012 un’opera è dedicata al volo che fece dal quarto piano: Giuseppe Pinelli.
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Scheda del film
Regia
Woody Allen
Titolo originale
Whatever works
Altri titoli
Basta che funzioni
Durata
92 minuti
Genere
Commedia
Data di uscita
2009
Dettagli dell’opera
Titolo
I funerali dell’anarchico Pinelli
Autore
Enrico Baj
Tecnica
Installazione pittorica
Realizzata nel
2012
Ubicazione