La semplicità ontologica e il desiderio in Marco Aurelio
Problemi complessi non hanno sempre soluzioni estremamente sofisticate. Talvolta alla loro radice si nasconde un principio semplice che risiede nel desiderio, base di ogni infelicità e causa dei problemi.
L’agente dell’Fbi Clarice Starling, ha ricevuto l’incarico di indagare sugli omicidi di un serial killer, che uccide delle ragazze nelle loro scuole. La pista da seguire potrebbe essere meglio solcata attraverso i consigli del dottor Hannibal Lecter, uno psichiatra e criminologo, incarcerato a seguito dell’uccisione di suoi pazienti e di episodi di antropofagia.
Il dialogo tra la Starling e il dottor Lecter muove da un presupposto, che la storia della filosofia chiamerebbe ontologico. Qual è la natura in sé delle singole cose? Domanda di grande tradizione nel pensiero occidentale. Venendo all’assassino seriale, cosa fa e chi è quest’uomo che è ricercato dalle forze di polizia statunitensi? La giovane recluta risponde che uccide le donne. La risposta di Lecter è negativa. La semplicità ontologica di Marco Aurelio direbbe che questo è un predicato accidentale: che bisogni reali soddisfa questo criminale? La replica della Starling è perentoria.
I bisogni sono quelli consueti all’analisi degli psicopatici, tanto simili a casi del genere: rabbia, accettazione sociale, superamento della frustrazione sessuale. Lecter dissente ed è ancor di più vicino ai contenuti dei “Pensieri” di Marco Aurelio: quell’uomo, semplicemente, desidera, questo è il principio primo della sua natura. Questa attività nasce da quello che osserviamo ogni giorno. Desiderare è qualcosa che parte dall’esterno, da una dimensione che travalica la nostra individualità. Per questo motivo produce in noi un turbamento. L’analisi filosofica del film si sposta da una dimensione ontologica, che include anche la natura dell’assassino ricercato dall’Fbi, ad una esistenziale, sul fondamento dell’infelicità di Clarice oltre il paradigma della semplicità di Marco Aurelio. Si tratta di una questione cara alla filosofia antica come a quelle orientali. Poiché la natura del desiderio è sempre esterna alla nostra individualità, cosa ben diversa dai bisogni, sempre universali, la strada verso cui è diretto il desiderio è sempre quella dell’infelicità. Così, il dottor Lecter, in modo graduale, riesce a far confessare a Clarice la base delle personali insoddisfazioni, dei turbamenti che la perseguitano sin da bambina: sono le grida degli agnelli, prossimi alla morte, che udiva da piccola nel ranch in cui viveva.
La macellazione di quegli innocenti esseri, l’aveva portata a compiere un gesto: liberarli.
Tuttavia, quei cuccioli, confusi e spaventati, non fuggivano, ma restavano lì, immobili. Salvarne anche uno solo poteva essere una missione nobile. Prenderlo in braccio l’unica via possibile di fuga tra mille ostacoli. Niente cibo, niente acqua, tanto freddo, troppo peso da trasportare. Lo sceriffo ritrovò subito la piccola Clarice che venne costretta, per punizione, a vivere in un orfanotrofio e non rivide mai più quel ranch. Lecter ha fatto centro. Quando Clarice, oramai adulta, si sveglia di notte, sente ancora il grido di quegli innocenti animali. Qualcosa di semplice la turba, esattamente come per il serial killer che cerca, proprio come sostiene Marco Aurelio. Trovare quel pluriomicida non è solo eseguire al meglio un ordine di servizio, ma anche mettere fine ad uno strazio personale. Se quell’assassino la smetterà di uccidere, anche quel suo turbamento interiore terminerà, esattamente con la stessa fenomenologia che Marco Aurelio aveva descritto. Il desiderio, stavolta soddisfatto, porterà a non sentire più le urla degli agnelli prossimi alla macellazione.
PARERGA E PARALIPOMENA
Chiedilo a un folle
La disamina della trama de “Il silenzio degli innocenti” fa riflettere su come interpellare un folle talvolta sia strettamente necessario. In effetti per comprendere il comportamento di uno squilibrato, più che dialogare con chi è sano di mente, per quanto colto in materia, è strettamente necessario rivolgersi a chi abbia compiuto atti simili. Così il dottor Lecter diventa l’assoluto protagonista di una vicenda paradossale ma estremamente concreta: folli e indesiderati, emarginati e socialmente sgraditi sono i migliori personaggi cui affidarsi per una dritta. Ne consegue che tra gli individui non ordinari, vi sia anche chi è al comando di un esercito o abbia capacità artistiche fuori dal comune, una mente geniale che, ancora una volta, non è socialmente accettata. Napoleone, Mozart, Schopenhauer sono tutti autori di grandi aforismi e, in tale ottica, ottimi consiglieri. Vasta è la letteratura attorno al fatto che questa tipologia di uomini sia capace di dare consigli agli altri ma non alla propria persona su vicende personali. Probabilmente il personaggio più indicato per rappresentare un esempio concreto di questa disamina è Ulisse. Dante gli attribuisce un tracotante folle volo oltre le Colonne d’Ercole, un atto di mancata disciplina e di eccessiva sfida a Dio oltre i limiti dell’umana ragione e del campo di azione dei nostri simili. Così come sfidare Poseidone accecando Polifemo e cedere alle lusinghe di Circe non furono buone mosse in ambito relazionale. Tanto geniale ed astuto quanto folle e irrazionale: l’emblema di chi dava ottimi consigli e soluzioni per tutti.
Potrebbero interessarti anche…









Seguici su Facebook
Scheda del film

Regia
Jonathan Demme
Titolo originale
The Silence of the Lambs
Altri titoli
Il silenzio degli innocenti
Durata
118 minuti
Genere
Thriller, drammatico, poliziesco, giallo
Data di uscita
1991
Dettagli dell’opera
Titolo
Ulisse e le sirene
Autore
J. W. Waterhouse
Tecnica
Olio su tela
Realizzata nel
1891
Ubicazione