La teoria dell’equilibrio
Potere, denaro, conquiste sentimentali o militari. Da sempre gli uomini competono su chi sia il più forte e possa prendersi tutta la posta in palio. Quando subentra il problema della distruzione totale, l’unica prospettiva è quella di smettere di farsi la guerra e dividere gli utili.
David è un teenager disinteressato allo studio, ma pioneristico non solo nell’informatica, ma nell’utilizzo del web prima ancora che esso nascesse. È capace addirittura di hackerare, come si direbbe oggi, il registro elettronico della propria scuola: in fondo cosa c’è di male se così si può anche fare colpo sulla ragazza per la quale si ha una cotta? Tutto questo sarebbe una ragazzata, se non fosse che adesso si potrebbe passare dal gioco alla tragedia. David si è messo in contatto con Joshua, un potente calcolatore programmato dal professor Falken come sostituto di un umano nella gestione delle scelte e delle decisioni da prendere da parte dell’esercito americano contro l’Urss.
E così, negli ultimi anni della Guerra fredda, si sta per scatenare la guerra termonucleare globale solo perché si è in una situazione di defcon 5: massima allerta.
L’unica soluzione possibile sarà un contrattacco alle testate nucleari sovietiche sganciate contro gli Usa ed i loro alleati. Ma non era solo una simulazione? Purtroppo l’iter degli eventi sembra inarrestabile.
Fin qui niente di particolare, se non fosse che in uno dei tanti cult movie sulla Teoria dei giochi, spunta un’affermazione finale di Joshua diretta al professor Falken, suo ideatore e programmatore: strano gioco, l’unica mossa vincente è non giocare.
Cosa vorrà dire? Il riferimento filosofico è alla teoria dell’equilibrio di John Nash. In sostanza, quando ci sono dei rivali tanto forti da non consentire che nessuno dei due o più contendenti sia un vincitore netto, la cosa migliore è non giocare ed in guerra, ovviamente, non combattere e dividere la posta in palio. Gli episodi storici di riferimento potrebbero essere molteplici. Pirro non era così superiore ai Romani da poterli vincere in modo schiacciante: se avesse conosciuto l’equilibrio di Nash, forse si sarebbe sottratto al suo ruolo nelle guerre tarantine. Dopo che Napoleone e le coalizioni si massacrarono a vicenda per anni in Europa, oltre a sancire l’alleanza tra trono ed altare, il Congresso di Vienna fece riflettere il mondo proprio sull’anacronismo di un nuovo impero stile Roma antica o Sacro Romano Impero di Carlo Magno. Oltre alle parole di Giovanni XXIII, Kennedy e Kruscev, nella crisi cubana del 1962, fecero un preciso calcolo sul rapporto costi-benefici di una possibile guerra atomica. Il risultato fu non giocare/combattere. Nessuno era tanto superiore militarmente e politicamente agli altri tanto da schiacciarli e così l’equilibrio era più importante del conflitto. Compagnie telefoniche, emittenti radio e televisive, supermercati, case produttrici di auto ragionano tutti con la stessa logica di Nash: meglio l’equilibrio e la spartizione degli utili che la distruzione di tutti.
Parerga e Paralipomena
L’ultimo giro
Un uomo al tavolo da gioco. Un bambino alle giostre. Un anziano al bancone di un bar. Che siano carte, vorticosi movimenti o bicchieri di liquore, tutti chiedono un ultimo giro, sapendo bene che non potranno andare così all’infinito e che tempo, soldi ed energie di lì a poco li allontaneranno da quel contesto. Incastrato da un contratto capestro, Dostoevskij fu costretto a scrivere in soli ventotto giorni Il giocatore, dove spiega in modo dettagliato la filosofia del giocatore d’azzardo, caratterizzata anche dallo spirito che caratterizza la nazionalità dei vari amanti della roulette: alterigia, ricchezza economica, volontà di riscatto sociale, tendenza all’imbroglio non mancano tra i vari protagonisti. Dividere il piatto? Nessuno ritiene che sia la scelta più giusta ed il libro vive fortemente il tema del rimandare la decisione su quale possa essere l’ultima mano. Senza limiti, ogni giocatore non sta semplicemente azzardando con la propria fortuna e col le sue banconote, ma anche con quella altrui, poiché rischia una situazione di perenne stallo, in cui il banco è l’unico ad arricchirsi. Morale della favola, come e prima di Nash, il consiglio di Dostoevskij è quella di non giocare e di non rimandare il limite alle puntate che l’azzardo necessariamente implica. In caso contrario, la fine diventa inesorabile. Il pittore olandese Jan Steen nel suo Argomentazione su un gioco di carte, riproduce guerra ed azzardo con eguale maestria. Coltelli pronti a sferrare fendenti, urla, un gioco da tavola lanciato a terra. Quando la razionalità del rapporto tra vari contendenti scema, allora l’insinuazione del dubbio sull’onestà dei giocatori si fa avanti e li trasforma in combattenti. Adesso c’è poco da fare: il litigio è inevitabile.
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Scheda del film
Regia
John Badham
Titolo originale
WarGames
Altri titoli
WarGames – Giochi di guerra
Durata
114 minuti
Genere
Fantascienza
Data di uscita
1983
Dettagli dell’opera
Titolo
Argomentazione su un gioco di carte
Autore
Jan Steen
Tecnica
Olio su tavola
Realizzata nel
1664
Ubicazione