Esistenzialismo e femminismo: Simone de Beauvoir e l’essere per sé
I diritti della donna sono stati fortemente orientati alla parità di genere relativamente all’ambito di una cittadinanza attiva. La loro reale possibilità di fruizione avviene però attraverso tutte le forme di libertà, spesso non considerate a pieno.
Violette Leduc sembra non avere fortuna. La mancanza di un padre che non l’ha mai riconosciuta e la madre di cui porta il cognome ed il fardello di un esasperato senso del dovere, tormentano la sua gioventù. Vorrebbe essere una scrittrice, ma è addirittura bocciata alla maturità: farà prima la centralinista e poi la segretaria di una casa editrice. Oramai ha trentacinque anni e dopo aver vissuto prima da bambina poi da adulta la prospettiva della guerra, non le resta che abbandonare ogni velleità artistica. Afflitta dall’occupazione nazista, vive di espedienti ed ha una difficile relazione col proprio partner, col quale non ha un’intesa fisica ed intellettuale.
Ma un insperato incontro le apre un nuovo scenario. Simone de Beauvoir la invita a mettere tutto il dolore che ha patito su carta, credendo che il pubblico non potrà che apprezzare un talento messo a dura prova dalle difficoltà della vita: piangere non la farà andare avanti, la scrittura sì.
Violette può essere libera di parlare di quello che vuole attraverso le sue pagine: aborto, emancipazione sessuale, omosessualità femminile non saranno più un tabù, specie in una Francia che è stata costretta al silenzio per quasi cinque anni dalla violenza. Violette vuole insegnare alle donne ad abbandonare il senso di colpa, che un tempo l’aveva afflitta, in ogni ambito: la bruttezza in una donna è un peccato mortale. Siete belle? Vi guarderanno per strada per la vostra bellezza, siete brutte? Vi guarderanno per strada per la vostra bruttezza. Appare evidente quanto Simone abbia influenzato Violette, ma all’interno della trama del film è possibile pensare anche ad un’inversione logica di questa relazione.
Nel 1949 Simone de Beauvoir esce col suo primo libro filosofico ed affronta il tema del pensiero di genere ne Il secondo sesso. Forte di quanto aveva notato nella Leduc, ritiene che il primo femminismo abbia commesso un errore imperdonabile: essere limitato nella sua portata. Il suffragio universale sembrava l’obiettivo principale da raggiungere: tutti i diritti civili, politici e sociali sarebbero condensati nel voto alle donne.
La storia di Violette è la riprova di quanto questo sia falso, poiché esprimere la propria preferenza elettorale non significa migliorare proporzionalmente il proprio ruolo nella società. La soluzione? Un approccio esistenzialista come viatico per ogni emancipazione. Ogni individuo, al di là del proprio genere, è libero. Pertanto non con il conflitto contro gli uomini, ma in un’azione sinergica con essi si potrà costruire un comune movimento di lotta per i diritti civili: finalmente qualcosa di significativo per le donne. Simone de Beauvoir parla di essere per sé. Ogni persona deve avere un progetto di vita unico ed irripetibile senza pensare che principi religiosi, valori esterni o la passiva accettazione della realtà possano soffocare le aspirazioni del soggetto. Ed è proprio quest’ultimo termine la conclusione più profonda del saggio Il secondo sesso: la donna deve correre il rischio di andare contro i pregiudizi, deve trovare la forza di diventare soggetto. Il talento nascosto in una persona comune è scoperto da Simone nella Leduc attraverso il coraggio di esprimersi. Il motto di Violette è lo stesso di Simone: restare integri in qualsiasi occasione, essere sempre se stessi. Questa è l’immagine più suggestiva del pensiero filosofico sul femminismo esistenzialista: ora anche Violette potrà essere per sé, con la sua valigia fatta non solo di abiti purtroppo viatico dell’ultimo viaggio verso la futura malattia e la morte.
PARERGA E PARALIPOMENA
Donna al volante
Uno dei più noti luoghi comuni, sulla presunta incapacità delle donne in attività per vocazione attribuibili al sesso maschile, è quello che le vede soccombenti nel confronto in ambito automobilistico. Eppure le cose sembrano non essere tali. Sia elementi statistici, che preferiscono alla guida automobilisti femmina nell’ambito del conferimento di agevolazioni all’atto della stipula una polizza assicurativa, che di ordine pratico, con diverse donne che sono state anche piloti di formula uno, disconfermano quanto il senso comune rimarca. Anche la conoscenza tecnica dei motori non è un affare per soli uomini. Non è raro trovare delle donne nell’attività ingegneristica e meccanica che per studi oltre che per passione, se ne intendono più dei propri colleghi maschi. Nel 1929, la pittrice di origine polacca Tamara De Lempicka ricevette una commissione. In quanto già nota esponente dell’Art déco, le veniva richiesto di comparire sulla copertina della rivista di moda Die Dame. Il popolarissimo magazine tedesco della Repubblica di Weimar, desiderava un autoritratto della giovane e bella artista. Fu così che Tamara dipinse un’automobile da corsa Bugatti con lei stessa alla guida. Casco di pelle, guanti, rossetto intenso, sguardo seducente e sicuro di sé divengono un tutt’uno armonizzato. La De Lempicka era realmente capace di guidare e possedeva una piccola automobile gialla, che per di più le sarà rubata mentre era ad una festa a Parigi. Ma perché, a fronte di un fedele autoritratto, una tale variazione di marca e modello d’automobile? I più attenti notarono che quella Bugatti aveva il volante invertito rispetto alla sua produzione originale. Raffigurare il verde al posto del giallo e l’assetto di guida invertito era un modo per ribaltare, poco meno di un secolo fa, ogni errata concezione sul rapporto fra donne e motori.
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Scheda del film
Regia
Martin Provost
Titolo originale
Violette
Durata
139 minuti
Genere
Drammatico, biografico
Data di uscita
2013
Dettagli dell’opera
Titolo
Autoritratto su di una Bugatti verde
Autore
Tamara de Lempicka
Tecnica
Olio su tela
Realizzata nel
1929
Ubicazione