I Puffi: una fiaba sul comunismo
Un modello di società è qualcosa che fin da piccoli può essere esteso in termini conoscitivi. Nel principio dell’equivalenza delle posizioni di un dibattito anche il mondo dell’animazione, offre la sua visione sulla realtà, avvicinando l’infanzia a questioni politiche e di governo
I Puffi non hanno certo bisogno di presentazione. Sono degli uomini blu, alti pochi centimetri, che vivono in un villaggio all’interno di un bosco. La loro creazione risale al 1958, il loro ingresso al cinema al 1976, quello nel panorama delle serie televisive al 1981. Dietro alle vicende degli ometti operosi che vivono in dei funghi colorati, è possibile scorgere diverse allusioni alla società comunista, raccontata in modo fiabesco.
Questi piccoli esseri sono tutti uguali fisicamente e nel vestiario. Quello che li distingue è esclusivamente il lavoro che svolgono. Il modo con cui si chiamano tra loro è particolare. Antepongono sempre il termine puffo, cui segue la mansione, la professionale svolta o la caratteristica fisica e caratteriale che li contraddistingue dagli altri. Accadeva lo stesso durante la Rivoluzione francese col termine “cittadino” e in un sodalizio comunista con l’appellativo di “compagno”. Non di meno, nel loro villaggio non esiste carta moneta e tutto quanto accade è all’insegna di una serena condivisione e ripartizione dei compiti. Interessante è anche l’invenzione della Puffetta.
Si tratta di un puffo di sesso femminile: fino a quel momento, la natura degli omini blu era quasi asessuata. Non era necessario distinguerli per genere. Il loro acerrimo nemico, Gargamella, ha deciso di creare un elemento perturbante, che si trucca e specchia e che indossa vestiti alternativi. Una sorta di chiara denuncia al capitalismo, inteso come sistema sofisticato e creatore di inutili e vanagloriosi desideri.
La riflessione sulla figura del malvagio Gargamella si spinge oltre. Si tratta di un alchimista che desidera utilizzare i Puffi ed il loro laborioso impegno per il suo profitto, per trasformare questa mescolanza di fatica e di lavoro in oro. In effetti, Marx nel Capitale rimarca come il proletario, di fatto, lavori per quasi la totalità del proprio tempo gratuitamente, attraverso la sua nota disamina dei concetti di plus lavoro e plus valore. Questo sfruttamento, arricchisce chi non ha creato alcun reddito, ovvero il capitalista. Sembrerebbe proprio che la figura di uno spietato imprenditore, possa ben accostarsi a Gargamella.
Questi ritiene che non abbia a che fare con strani umanoidi, semplicemente ne deve sfruttare le doti e la fisicità per cumulare ricchezza. Una suggestiva conclusione può essere accostata al Grande Puffo, il saggio del villaggio. Anziano, canuto, porta una lunga barba bianca e somiglia molto a Karl Marx.
Il suo cappello e i suoi vestiti sono rossi. In particolare, il copricapo dei Puffi ha la forma di un berretto frigio e non il caratteristico colore rosso. Nel caso del Grande Puffo non è così. Il rosso rende identico quel berretto a quello degli schiavi affrancati sin dai tempi dell’antica Roma: l’allusione al berretto frigio che anche i rivoluzionari francesi desideravano rimarcare.
PARERGA E PARALIPOMENA
Un berretto per tutte le stagioni
La storia del berretto frigio è davvero antica. Le sue origini si spingono al VI secolo a. C. in Persia, dove era parte integrante del costume tipico dei membri di quel grande impero. La sua caratteristica forma, derivava da una sorta di collasso del pellame di un capretto che veniva utilizzato per la concia. Tuttavia, la suggestione del copricapo non poteva essere limitata esclusivamente ad un elemento come corollario di un vestiario più elaborato. Numerosi sono gli eventi storici che lo hanno visto protagonista e, cosa clamorosa, tanto come elemento che accompagnava lusso e finezza, quanto come una chiara volontà di lanciare un messaggio di ribellione al potere. Così, i magi in adorazione indossano in berretto frigio in un noto mosaico nella chiesa di S. Apollinare Nuovo a Ravenna, a rimarcare la loro provenienza dall’Oriente. Allo stesso modo, dopo che è stato, Luigi XVI è costretto a un duplice gesto riparatore rispetto al popolo di Parigi. Accusato di tradimento, viene obbligato a bere del vino da una fiaschetta dove pochi secondi prima un sanculotto aveva posto la bozza. Subito dopo, indossa il berretto frigio. In un breve arco di tempo, il cappello tanto amato dai sanculotti ebbe una sorte diametralmente opposta. Il berretto frigio fu messo al bando come simbolo di un’epoca pericolosa negli anni dell’Impero di Napoleone, unitamente ad altre forme di culto per la Rivoluzione francese ritenute estreme ed instabili: i festeggiamenti per la Presa della Bastiglia e la Marsigliese ne sono un esempio. Grazie alla Rivoluzione di Luglio del 1830, il cappello ritornò al suo antico splendore di parte integrante del sentire francese fino al renderlo mascotte delle Olimpiadi di Parigi del 2024.
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Scheda del film
Regia
Peyo
Titolo originale
Il flauto a sei Puffi
Altri titoli
La Flûte à six schtroumpfs
Durata
89 minuti
Genere
Animazione
Data di uscita
1976
Dettagli dell’opera
Titolo
I magi in adorazione
Autore
Maestranze ravennati di S. Apollinare Nuovo
Tecnica
Mosaico
Realizzata nel
VI sec. d. C.
Ubicazione