Il senso della vita nel movimento
Un lungo percorso verso una meta. Il mondo ci impone il raggiungimento di un fine ultimo nel lavoro ed in ogni altro contesto nel quale l’individuo voglia cimentarsi. Ma questa competizione è anzitutto interiore e talvolta uno svantaggio può consentirci di avere il desiderio di migliorarci e di tagliare per primi un traguardo
Una corriera blu che porta a luoghi tra mare e montagne su strade sterrate. A prenderla di corsa è Mimì, a guidare è Felice, un autista claudicante. Ma a casa non ci sono abbastanza soldi per vivere dignitosamente. Finché Mimì vorrà rincorrere un autobus o gareggiare contro una Fiat Seicento, il padre Nicola non gli farà ostacolo. Alto, corpulento, col suo cappello ed il suo fucile da caccia sottolinea come l’attività sportiva non possa che essere un ostacolo per un giovanissimo. Meglio tante ore di studio per riscattarsi dalla miseria che affligge l’estremo meridione d’Italia alla fine degli anni Cinquanta. A poco servono i discorsi di Felice che intravede il talento di Mimì e si offre di fargli da allenatore: Nicola è irremovibile, in alternativa ad un titolo di studi, suo figlio dovrà lavorare duramente.
La vicenda è tutta incentrata su di una continua lotta per superare i tanti svantaggi che Mimì incontra. Suo padre passa facilmente dalle parole ai fatti e non esita a picchiarlo ed umiliarlo: lo spedirà addirittura in un improvvisato capannone dove si fabbricano corde con rudimentali strumenti che logorano fisico e corpo. In gara non mancano le soddisfazioni, ma anche le difficoltà. Emorragie nasali dovute a cali di ferro, ingiustizie, come un’immotivata squalifica per favorire una società più quotata, spintoni e gomitate da parte dei suoi antagonisti, calzature poco adatte e la fisiologica fatica di ore di allenamento avrebbero portato chiunque a mollare.
Il colpo di grazia potrebbe venire dal confronto con la ricca famiglia della bella Crisolinda, la passeggera degli ultimi sedili del bus blu elettrico di Felice.
Ricca, con un calesse ed un cappello di paglia, elegante sulla spiaggia di Scilla lo invita a vedere la maratona delle Olimpiadi di Roma del 1960 vinta da Abebe Bikila. L’avvenente e benestante ragazza ha addirittura un televisore a casa. Invece, come ricorderebbe Alfred Adler, proprio uno svantaggio può trasformarsi in un motivo di sprone maggiore per il raggiungimento di una meta.
Lo sa bene Felice, nato senza la possibilità di correre che si è appassionato all’atletica leggera. Lo comprende Mimì, che arriverà non solo a qualificarsi per la finale dei Giochi della Gioventù, ma addirittura taglierà per primo il traguardo nello stupore di tutti ed in diretta televisiva. Nel suo noto libro, tra i pochi con riferimenti esistenzialistici “Il senso della vita”, Adler ritiene che sia possibile parlare della vita come di un continuo movimento volto verso uno scopo: il superamento di una condizione di inferiorità. Insicurezze, disagio economico, timidezza, patologie fisiche, invalidità sono tutte possibili cause di inferiorità che proprio se percepite a pieno possono consentire all’individuo di trovare autonomamente le strategie per il superamento di questi ostacoli. Adler chiama addirittura “gara interiore” questo iter, che consente a ciascuno di noi di avere il desiderio di perfezionarsi sempre di più in vista del termine della competizione. Un sostegno al percorso di ogni soggetto è offerto dalla famiglia, dalle interazioni sociali e dal lavoro svolto, talvolta in modo esclusivo, in altre occasioni in maniera congiunta.
La figura di Felice rappresenta l’occasione che la socialità può offrire ad un giovane svantaggiato quando il contesto del nucleo familiare non è adeguato e quando è troppo presto per poter parlare di un impiego. La sua zoppia è il segno di un percorso di superamento di una difficoltà: cultura, motivazione, buone letture ed attenzione alla volontà di coltivare i sogni di un ragazzo sono una fortunata mescolanza di positivi insegnamenti. Mimì potrà curare al meglio i suoi sprint finali nonostante corra scalzo sulla pista rossa: persino il padre ora farà il tifo per lui.
Parerga e Paralipomena
Il diavolo marino
Chi ha amato George Gordon Byron conosce bene il suo triste problema: era nato con una contrazione al tendine di Achille. Tuttavia questo non gli impedì di vivere una vita estremamente avventurosa: viaggi, grandi amori, iniziative patriottiche in difesa di valori universali, una morte misteriosa nella Grecia che stava difendendo con ardimento e persino leggendarie nuotate. Del resto in acqua non aveva le difficoltà che nel camminare lo caratterizzavano. Per i veneziani Byron è il “diavolo marino”, capace di nuotare senza sosta per ben quattro ore dal Lido all’imbocco del Canal Grande senza privarsi delle gioie del gentil sesso: i baci di due donne diverse prima di tuffarsi in laguna, colpirono l’immaginario di tutti nella Serenissima del XIX secolo. Più che mai, Byron è l’immagine del messaggio adleriano, di chi ha vinto una personale tenzone infischiandosene dei problemi personali che ne avrebbero pregiudicato il buon esito. In soli trentasei anni, la sua esistenza è stata un condensato di intensità e di movimento continuo verso il futuro, un riscatto per la condizione innata di uomo malfermo sulle gambe. Questa possibilità è stata una conquista fatta di entusiasmo e dedizione, anche in funzione della logica di volersi relazionare con un vasto panorama di individui. Il pittore Thomas Phillips ci ha consegnato uno dei ritratti più famosi di Byron, rappresentato con un volto fiero e con lineamenti ben delineati. Phillips era accreditato in tutta Europa per la sua abilità di ritrattista: non solo letterati, ma anche scienziati e uomini politici desideravano la sua mano per essere rappresentati in modo dignitoso, una sorta di abbellimento del corpo e dell’animo in modo congiunto. Ovviamente quando bisogna presentarsi al meglio di sé, vengono opzionati abiti eleganti e formali. L’eccezione? Lord Byron, più che mai immaginato ad undici anni dalla morte con abiti albanesi, da lui ritenuti i più belli al mondo.
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Scheda del film
Regia
Luigi Comencini
Titolo originale
Un ragazzo di Calabria
Durata
108 minuti
Genere
Drammatico, sportivo
Data di uscita
1987
Dettagli dell’opera
Titolo
Lord Byron in abiti albanesi
Autore
Thomas Phillips
Tecnica
Olio su tela
Realizzata nel
1835
Ubicazione