Vademecum per conoscere se stessi
Ammettere le proprie debolezze, il proprio lato negativo e che nessuno dovrebbe conoscere. A chi celiamo molto spesso la nostra vera indole? In primo luogo a noi stessi, costruendo, di fatto, un percorso d’insoddisfazione presente e futura per noi e per quelli che ci circondano.
Gatsby è ricco, brillante, adora la filosofia, il cinema d’autore, l’arte museale. Studia in un delizioso college dove coltiva, parallelamente agli studi umanistici, la passione per il poker, gioco d’azzardo nel quale è un fenomeno.
Ha una fidanzata che è una sua collega e che viene da un piccolo centro degli Stati Uniti. L’avvenente Ashleigh è stata reginetta in un concorso di bellezza riservato alle miss di campagna. Dialoga spesso col suo partner, ma fa continue gaffe. Scambia pittori per romanzieri e definisce Kurosawa di scuola europea. Non riesce mai a dimostrare quanto gli studi l’abbiano formata. I due hanno l’opportunità di recarsi a New York, perché Ashleigh deve intervistare il regista Roland Pollard per conto della rivista della loro università. Sarà l’occasione giusta per presentare ufficialmente la fidanzata alla propria famiglia?
Del resto in casa c’è aria di festa, perché il fratello di Gatsby sta per sposarsi. Anche se in programma c’erano tanti bei momenti di coppia, Ashleig è totalmente assorbita dalla sua attività giornalistica: Pollard comprende che la ragazza non è un fenomeno intellettualmente, ma è carina e la cosa lo attira, al punto tale da ritenere un balsamo per il suo animo inquieto la sua compagnia. La svampita ex reginetta dei covoni si trova catapultata in una serie di vicende che la porteranno a conoscere la crisi coniugale del noto sceneggiatore Ted Davidoff, quella esistenziale dello stesso Pollard nonché le avance dell’attore spagnolo e star del jet set Francisco Vega che le fa bere qualche bicchiere in più.
L’avrebbe senz’altro sedotta nella propria villa se non fosse tornata all’improvviso la sua nota fidanzata, anche lei attrice. Ad Ashleig, già immortalata dai media mentre entrava nella roulotte di Vega e nella sua automobile, non resta che un’indecorosa fuga dalla porta di servizio e sotto la pioggia, con un trench a coprire il proprio completo intimo. E Gatsby? La sua vita ha avuto un’accelerazione incredibile. Ha fatto da comparsa in un film (il cui regista non è nemmeno molto velatamente lo stesso giovane Allen) e sul set ha dovuto baciare sui sedili di un’auto Shannon, sorella di una sua ex fiamma. Inizia un dialogo su New York e sulla loro vita: tornano nella casa degli ex suoceri di Gatsby, che si dimostra anche un virtuoso del pianoforte, vanno al Metropolitan Museum, passeggiano a Central Park. Shannon è congedata. In fondo lei non è né l’ex fidanzata (al massimo ne è la sorella) né quella attuale, che viene scoperta in dolce compagnia di Vega da Gatsby dalle nitide immagini dello schermo della tv dell’hotel. A questo punto non resta che darsi alla consolazione dell’alcool e del pianoforte della hall. Qui, quando tutto scivola verso la più nera disperazione, Gatsby s’imbatte in una escort, di quelle davvero carine e care: 500 dollari per un po’ di compagnia. L’idea è geniale: investire i soldi vinti al gioco non per una notte di sesso, bensì per chiederle di recitare. Sarà proprio lei ad accompagnarlo a casa dei genitori e a fingersi Ashleigh. Un altro disvelamento è alle porte. La madre chiama in privato Gatsby. Lui pensa ad una delle solite ramanzine. In fondo il rapporto coi genitori non è mai stato straordinario. Invece è il momento della verità. Fino a quando non ha conosciuto il suo futuro marito, la donna era anch’ella una prostituta, ecco perché ha smascherato subito che quella ragazza che accompagna il figlio non è la sua vera fidanzata. Everything happens to me, il brano suonato al piano sembra davvero adattarsi a Gatsby.
Ora la vicenda scivola verso un finale scontato. Ashleigh si ripalesa nella camera d’albergo, i due vanno a Central Park. Dovrebbero far finta di nulla e pensare anche al loro futuro di coppia? Non è così, Gatsby trova la forza di abbandonarla, proprio mentre è in corso un romantico giro in calesse. Ora rincontra Shannon e si lega a lei. Ma in tutta questa vicenda, probabilmente il grande problema è solo uno: avvicinarsi alla filosofia socratica.
Conoscere se stessi è la base di ogni sapere per Socrate. Non solo perché la verità è dentro di noi e va gradualmente esternata, ma anche perché sottende un’operazione non semplice: accettarsi. La conoscenza di sé implica anche il dover ammettere che qualcosa di noi ci appartiene, ma non è quello che vorremmo. Gatsby vorrebbe una fidanzata diversa, ma non ha la forza di lasciarla. Non gli sta certo bene quell’oca giuliva di Ashleig. Ma è bella, è un bel biglietto da visita per i propri genitori. Sarà felice solo quando avrà la forza di ammettere a se stesso che non è la donna che avrebbe voluto. Avrebbe persino accettato l’infedeltà pur di reggere al gioco. Come un parto è doloroso ma porta alla gioia di una nascita, anche scoprire che la madre è un’ex prostituta d’hotel non è stato bello. Paradossalmente questa è stata la fine per Gatsby di uno stucchevole clima familiare fatto di protocolli e di finti sentimenti. Non a caso, il fratello di Gatsby sposerà una donna che non ama. Questo già basterebbe a vedere in lui l’ennesimo esponente del mancato conoscere se stessi. A questo si aggiunga che dietro la deliziosa futura moglie c’è però una risata da iena ridens che la rende ancora più insopportabile, ma si sa, ormai la festa è quasi pronta. Ashleig si forza di essere intellettualmente impegnata, giornalisticamente profonda, incondizionatamente innamorata di Gatsby. Nei suoi monologhi autoreferenziali e ad alta voce si convince che Francisco Vega è un’occasione da non farsi scappare. Non sarebbe più felice ad ammettere la sua vera natura? Shannon è colei che forse Gatsby ha sempre amato. Ma non si può. Era sua cognata un tempo. Va nascosta, persino agli zii che accidentalmente incontra al Metropolitan Museum. È saccente ed antipatica, quanto basta per non poterle cedere. Il regista Pollard ed il produttore Davidoff vorrebbero rispettivamente una vita lontana dai riflettori ed una relazione più serena con la moglie. Quando Davidoff la scopre mentre esce da un hotel con un impermeabile giallo e col suo amante, i due coniugi si accusano vicendevolmente di tradimenti. Solo tre personaggi del film hanno avuto il coraggio di conoscere se stessi, di accettarsi e di poter su questo costruire ottimisticamente la propria felicità: Gatsby, sua madre e Shannon. È forse grazie a loro che la pioggia ha reso New York ancor più bella, magari pulendola dalla polvere della mancata ammissione del proprio Io?
PARERGA E PARALIPOMENA
Il dáimōn
Molti avevano vita lunghissima, altri erano addirittura immortali: sono i demoni della tradizione mitologica greca. Il loro compito? Consigliare gli uomini nelle loro scelte, dalle meno notevoli alle più estreme. La loro natura? Benigna o maligna, a seconda del movente etico che li animava. Sono delle entità che hanno il consueto compito, nell’ambito della filosofia antica, di spiegare attraverso narrazioni extra razionali ciò che i Greci non riuscivano a motivare e dimostrare con la sola ragione. Ma esiste un demone molto particolare nell’ambito del pensiero. Il riferimento è a quello di Socrate. Non solo la voce di una coscienza interiore che non va mai spenta, ma anche il tramite verso un obiettivo che è caro a noi tutti: eudaimonia. Lo scopo è quello di operare delle scelte che possano muoversi nell’ottica del raggiungimento di una felicità così tangibile da poter durare tutta la vita. Non scampoli, non momenti effimeri, ma il concreto realizzarsi di scelte durature che siano una costante della nostra esistenza. Un profondo saper dosare la ragione nelle scelte etiche, al punto tale da ritenere Socrate il fondatore del razionalismo etico, cioè di quell’indirizzo per il quale operare per il Bene significa fare scelte corrette e misurate per un conseguente valido comportamento. Per altri versi, un beneficio personale, poiché la felicità perpetua è il cedere ogni tanto ad una voce interiore, ad una forma d’irrazionale coscienziosità che ci porta a fare delle azioni non omologabili e non spiegabili ai più. Così, in una torrida estate, Socrate non volle guadare un minuscolo ruscello che gli avrebbe anche pulito e rinfrescato i piedi ed i sandali. I suoi discepoli si sorpresero, ma il suo dáimōn gli aveva detto di non farlo. Non c’è una ragione per tutto questo: una vita fatta di sole regole non può che essere respinta in quanto triste. A chi gli chiedeva se fosse opportuno prendere moglie o meno, la risposta era molto simile: fai come preferisci, tanto in ogni caso sbaglierai. Michail Vrubel’ fu un artista russo che visse costantemente di scelte irrazionali nella sua biografia. Si sposò nel giro di soli tre mesi dopo essersi follemente innamorato di una famosa cantante lirica, venne intellettualmente sedotto dalla grande tradizione favolistica del suo Paese, adorò cimentarsi con l’arte applicata della ceramica e non chiuse mai l’idillio con i mosaici medievali. Cosa lo rese famoso? La trasposizione della sua natura nella sua più nota opera: Il demone seduto nel giardino, un quadro dove la contraddizione tra le fattezze fisiche del protagonista ed il suo animo gentile non stupiscono affatto se consideriamo questa la rappresentazione migliore del dáimōn.
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Scheda del film
Regia
Woody Allen
Titolo originale
A Rainy Day in New York
Altri titoli
Un giorno di pioggia a New York
Durata
92 minuti
Genere
Commedia, sentimentale
Data di uscita
2019
Dettagli dell’opera
Titolo
Il demone seduto nel giardino
Autore
Michail Vrubel’
Tecnica
Olio su tela
Realizzata nel
1890
Ubicazione