La gelosia in Freud
Uomini che hanno mostrato forza e perseveranza possono crollare su ogni fronte a causa dell’irrazionalità e dell’energia posseduta che gli si ritorcono contro. Il passo dalla celebrità a compiere efferati delitti è breve, ingestibile e repentino.
Jake LaMotta è stato uno dei più carismatici campioni del mondo dei pesi medi. La sua boxe è spavalda. Nel gergo pugilistico lo si chiamerebbe un picchiatore. Testa in avanti, guardia bassa e tanti ganci e montanti a sfiancare l’avversario. La sua storia potrebbe essere una delle tante di quei ragazzi di strada che hanno convogliato la loro aggressività, insoddisfazione sociale e povertà sul ring, traendone benefici economici ed esistenziali. La resa cinematografica della sua autobiografia è invece dominata da un tema forte e connaturato all’uomo, che spinge ad una riflessione filosofica su cosa sia la gelosia e sul perché questa è l’impulso che scatena nel nostro toro scatenato non solo un modo di boxare molto singolare, ma anche tutti i guai che lo porteranno ad una serie di sciagure familiari e giudiziarie.
Il riferimento a Freud ed alla sua impostazione metapsicologica è molto attinente specie nella sua opera Alcuni meccanismi nevrotici nella gelosia, paranoia e omosessualità. Non è il mondo in cui vive Jake, fatto di scommesse clandestine, night club malfamati, ingerenze mafiose e tutti gli stereotipi che possono caratterizzare una famiglia di italoamericani negli Stati Uniti a renderlo morbosamente geloso. Vi sono elementi essenziali lo rendono tale e più che mai il pugile del famigerato Bronx ne è afflitto al di là dell’ambiente in cui vive. Secondo Freud esiste una gelosia molto ordinaria ed originata dal complesso di Edipo denominabile come competitiva. La rivalità che caratterizza il sesso maschile nei confronti del padre si trasformerebbe in una forma di antagonismo che viene trasferito su potenziali rivali in amore. Jake ascolta la moglie Vickie che definisce come bello il prossimo avversario del marito, Tony Janiro. Non ha una cicatrice sul volto ed ha un naso regolare. La vendetta durante l’incontro è compiuta.
Non solo un violento knock out, ma l’esplicita volontà di cambiare i connotati dell’ipotetico rivale in amore trasformano il match in un massacro. Esiste anche una gelosia “proiettata” da cui Jake non è immune. In essa la tendenza all’infedeltà e la necessità di resistervi vengono transitivamente trasferite nel partner. In quel tempo storico un pugile doveva mantenere una totale astinenza sessuale prima di ogni competizione ed in fase di allenamento. Quella repressione porta ancor di più LaMotta a divenire negli anni successivi un pessimo marito. Jake accusa Vickie di essergli stata infedele ed addirittura di aver avuto rapporti con Joey, suo fratello e manager. Quando Vickie, disperata per le continue violenze verbali, psicologiche e fisiche del marito dichiara durante un litigio che questo è vero (pur essendo ovviamente falso) e compara la virilità di Joey a quella di Jake, la reazione è furibonda: il boxeur dubitando anche del proprio stesso sangue, si reca a casa del fratello e lo pesta davanti a moglie e figli. La terza e più patologica forma di gelosia è quella delirante. Secondo Freud, essa risiede nella volontà di reprimere un’omosessualità latente. Questo aspetto non è proposto all’interno dell’esistenza di Jake, ma la sua oramai evidente degenerazione in una paranoia lo porta a formulare un interrogatorio perenne: moglie, fratello, conoscenti al tavolo in un night club, persino le persone che rispondono al telefono a Vickie, che non ha il diritto di ordinare il pranzo che preferisce, sono tutti elementi di gelosia in modo ossessivo. Jake arriva, prima di picchiare il fratello, a dichiarare che avrebbe anche commesso un omicidio, giurando sulla comune madre che era disposto a farlo.
Quando le guardie carcerarie gli ricordano che non è più il campione del mondo, quando il fratello che lo aveva allontanato lo incontra per caso e lo tratta in modo freddo, quando è imminente l’abbandono della moglie, Jake non riesce più a mediare la realtà.
L’aumento di peso, gli onnipresenti sigari, il penitenziario, l’ulteriore declino fisico, il cabaret, il confronto con lo specchio prima dei suoi monologhi in pubblico, mostrano un uomo oramai distrutto col quale è stato impossibile entrare nell’ordine della razionalità di ogni discorso.
Abituato com’era in gioventù al compromesso con la bilancia, con la mafia che doveva concedergli l’occasione per un titolo mondiale, coi suoi istinti sessuali e col denaro, sempre troppo poco rispetto a quanto ne desiderasse, Jake dovrà attuare l’ultimo compromesso per poter sopravvivere: quello con la sua gelosia.
PARERGA E PARALIPOMENA
Il possesso
Se Freud vede nella gelosia il possibile subentrare di una psicopatologia nell’individuo che sfoga tutta la propria diffidenza sul partner, taluni hanno letto nell’attenzione estrema verso l’uomo o la donna amata una modalità molto vicina ad un sentimento che si chiama amore. Celeberrima è l’espressione di Agostino “Chi non è geloso, non ama”. Di contro, la tradizione shakespeariana che ha rappresentato drammaticamente il “mostro dagli occhi verdi che dileggia il cibo di cui si nutre” nell’atto terzo dell’Otello, comprende bene come la possibilità delle peggiori efferatezze umane nasca da sospetti infondati, che proprio perché non trovano una sufficiente possibilità di riprova delle proprie certezze non fanno che accrescersi. Il nostro tempo storico fonde tutte queste analisi nella denominazione della cosiddetta “sindrome di Otello” derivata proprio dai contenuti della tragedia ambientata a Venezia. A differenza delle forme di gelosia delirante e paranoica, questa patologia scivola sul problema del possesso e sulla volontà di dominio e controllo della vita altrui, anche quando una relazione è finita o, peggio ancora, quando non è mai nata. Se oggi si parla di stalking è proprio perché molti ex coniugi o fidanzati non accettano l’assenza nel presente della vita amorosa pregressa ovvero la fine di quello che hanno percepito come una loro specifica proprietà fisica e psichica. Accettare con coraggio la fine di un amore, soffrire senza scaricare sul proprio ex partner il proprio senso di frustrazione. Questo è quello che ci suggerisce Edvard Munch nel suo noto quadro Separazione su cui, più di tutto, valgono le parole stesse del pittore norvegese “In lei imprimo la morbida bellezza della limpida sera estiva – su di lei riverso lo splendore del sole che dilegua – sui suoi capelli – sul suo viso – sulla sua veste bianca – oro luccicante. La dispongo contro il mugghiante blu del mare – con le linee della spiaggia serpeggianti. – Questo è il modo in cui lei si allontana – lui ancora non comprende nulla, ma come nei sogni la sente scivolar via. – Lui resta in piedi tra i fiori rosso sangue – nelle nubi azzurro scuro della sera. – Non comprende esattamente che cosa accada – Ma anche quando lei è scomparsa avverte fino a che punto i fili sottili della sua chioma siano ancora allacciati al suo cuore – che sanguina – e brucia come una piaga insanabile.”
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Scheda del film
Regia
Martin Scorsese
Titolo originale
Raging Bull
Altri titoli
Toro scatenato
Durata
129 minuti
Genere
Drammatico, sportivo, biografico
Data di uscita
1980
Dettagli dell’opera
Titolo
Separazione
Autore
Edvard Munch
Tecnica
Olio su tela
Realizzata nel
1896
Ubicazione