Le scienze poietiche in Aristotele
Imparare un’attività tecnica ed operativa non necessita inizialmente di un approccio teorico: l’elemento di produttività è nemico di ogni forma teoretica.
Daniel LaRusso cambia città e scuola per ragioni di lavoro della madre. Non ha particolari difficoltà di relazione con il nuovo ambiente, se non fosse che per via di una ragazza si troverà a doversi scontrare con un gruppo di bulli tutti, per sua sfortuna, abili frequentatori del dojo di karate Cobra Kai. Qui l’educazione marziale è impostata sulla violenza e sul mancato rispetto dell’avversario che viene visto come un nemico.
Daniel è costretto a difendersi ed a mascherare alla madre le contusioni che porta a casa ogni giorno. I suoi rudimenti di difesa personale ed il suo manuale fatto di colpi schematici servono a poco. L’occasione di riscatto si palesa attraverso il signor Miyagi, una sorta di factotum che tra un sontuoso parco auto e la passione per i bonsai si offrirà di insegnargli il karate. Del resto quell’uomo è nativo di Okinawa e pur non essendo un vero e proprio maestro ha lottato tante volte per sopravvivere, non solo con mani e piedi, ma anche con la vita, che lo ha visto di colpo diventare vedovo per le complicazioni dovute al parto della moglie. Il finale del film è tipico di quelli che vedono scontrarsi un eroe buono ed un antagonista cattivo con pugni e calci. Dopo un accordo formale, Daniel sarà lasciato in pace finché non disputerà il torneo under 18 di All Valley dove sono iscritti tutti quelli del Cobra Kai. La vittoria gli sorriderà in modo inaspettato e con una mossa vincente: il “colpo della gru”.
Quello che appare interessante all’interno della vicenda è lo strano modo d’indottrinare al karate che Miyagi usa.
Tutti ricorderanno il tormentone “dai la cera, togli la cera” con riferimento a centinaia di vetture d’epoca che Daniel era costretto a lucidare. Non di meno, la stessa pratica avviene con un enorme pavimento di legno da raschiare e con una chilometrica palizzata da verniciare.
Giorni di lavoro schiavistico: quale sarà il senso di queste noiose e meccaniche operazioni? Il giovane allievo si ribella ed allora Miyagi gli mostra che quelle presunte ottuse pratiche hanno un perché: ora Daniel sa parare ogni potenziale colpo che gli sarà inferto.
Quel mite giapponese conosce perfettamente quanto nel libro sesto della Metafisica di Aristotele è chiaramente indicata come la gerarchia delle scienze. Esistono saperi svincolati da ogni pratica: la matematica, la fisica e la filosofia prima, ovvero l’ontologia, ne fanno parte. Vi sono ad un livello più basso scienze pratiche, come l’etica e la politica, il cui fine è la regolamentazione dei rapporti tra gli esseri umani. Infine la gerarchia aristotelica si chiude con le scienze poietiche, quelle legate ad azioni produttive, a fare qualcosa in ambito tecnico ed artistico. L’aforisma è celebre: tutto ciò che è legato al fare, lo impariamo facendolo. Le arti marziali sono una disciplina poietica: non dimentichiamo che il loro scopo è soprattutto operativo. Servono per chi deve andare in guerra (altrimenti perché si chiamerebbero così?), per sopraffare uomini fisicamente più forti ma tecnicamente meno validi. Imparare il karate non è una questione da manuale, come fa Daniel all’inizio del film quando rispolvera un vecchio libro. Non è nemmeno un’ipotesi o una previsione: Miyagi dice che combattere non è mai una soluzione ed accetta di allenare quel teenager indifeso solo perché deve addestrarlo per il torneo che segnerà la fine delle ostilità. Più che mai, quello che oggi chiameremmo learning by doing trova nell’impostazione di Aristotele e del maestro Miyagi una valida applicazione: si impara a lottare solo facendo qualcosa di operativo, l’allievo comprenderà la sua propedeuticità quando gli verrà automatico difendersi dai colpi dopo ore di involontario esercizio. La consapevolezza in ambito teoretico è il passo successivo, ma si sa bene che questo è il passo di chi un giorno vorrà diventare maestro.
Parerga e Paralipomena
Provando e riprovando
Nella storia della filosofia esiste un momento in cui la conciliazione tra scienze teoretiche e saperi poietici trova un punto d’incontro deciso: è il metodo sperimentale di Galileo. Il suo motto Provando e riprovando troneggia sull’Accademia del cimento, l’istituzione fondata nel 1657 da Leopoldo de’Medici a Firenze che puntava sull’idea che un corretto agire scientifico non può mancare di una continua sperimentazione. Il mondo empirico, tanto bistrattato dalla scienza d’impostazione metafisica che era imperante da duemila anni, diventa il miglior complice di quello teoretico: l’osservazione non può fare a meno del riscontro laboratoriale ed allora un acuto teoreta incarnerà anche lo spirito tecnico, al punto tale da fabbricare da sé gli strumenti che utilizzerà per la conferma delle sue ipotesi iniziali. Ma i nostri predecessori, pur non conciliando teoresi e poiesi, sapevano bene come comportarsi di fronte e necessità legate alla guerra. A conferma del valore profondo dell’approccio poietico nell’ambiente marziale è possibile avere un esplicito riscontro nella romanità del primo secolo d. C. Se ci si reca nella zona meridionale degli scavi di Pompei, proprio alle spalle dell’anfiteatro e dell’odeon, è impossibile non scorgere un edificio molto in disarmo. Non è una domus, ma troneggia su di essa il cartello che indica una palestra. Il luogo non è solo destinato agli esercizi ginnici cui sarebbero seguite le abluzioni termali, ma ha affreschi ovunque, realizzati con la tecnica dell’incaustum e sul pavimento bicolore, troneggia un suggestivo, simbolico e gigantesco mosaico: si tratta di due lottatori di pancrazio, un’arte marziale molto in voga tra i Romani antichi. Entrambi hanno un cordolo di cuoio alle caviglie: serve per allenarsi e per aumentare la loro reattività di piedi e la propriocezione motoria. Pompei ha insegnato una tecnica pugilistica al mondo intero: tuttora, atleti che risultano poco veloci, utilizzano l’espediente dell’elastico, ora in gomma e non più cordolo in cuoio.
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Scheda del film
Regia
John J. Avildsen
Titolo originale
The Karate Kid
Altri titoli
Per vincere domani – The Karate Kid
Durata
126 minuti
Genere
Drammatico, sportivo
Data di uscita
1984
Dettagli dell’opera
Titolo
Lottatori di pancrazio
Autore
Sconosciuto
Tecnica
Mosaico
Realizzata nel
I sec. d. C.
Ubicazione