L’uomo come misura e l’utile in Protagora
Verità e menzogna: il problema più serio da dipanare per chi vuole ricercare le cause ed i fondamenti di ogni evento. Una soluzione non è sempre rinvenibile, ed allora una possibile forma di accordo risiede nel criterio dell’utilità.
L’avamposto di accesso ad una delle porte della città di Kyoto è distrutto, ma le sue rovine possono essere un occasionale riparo dalla forte pioggia.
Tuttavia, se si può sfuggire al maltempo, è impossibile eludere la domanda sulla ricerca della verità, tema caro a Protagora ed alla narrazione del film. La “dottrina dell’uomo come misura” sottende alle vicende che saranno narrate. La verità è una, ma deve confrontarsi con molteplici tentativi per raggiungerla e col problema del raccontare bugie, che risiede in ciascuno di noi. Due sono le uniche certezze su cui innestare ogni indagine conoscitiva. La prima è il primato assoluto dell’azione umana. Ogni persona, comunità e persino la nostra stessa specie se comparata agli altri viventi non ha che una peculiarità: cercare una propria modalità per avvicinarsi al vero. La seconda è il fenomenismo: non gli interventi di forze divine ed oltremondane, non il mistero e l’inconoscibile sono espressione della verità, ma solo ciò che appare sondabile ai nostri occhi ed alla nostra rielaborazione mentale. Ed allora non resta che partire dalla vicenda dell’uccisione di un samurai e della violenza subita da sua moglie per mano del criminale Tajomaru.
Il brigante omicida e violentatore, la donna vittima del tremendo gesto, un taglialegna, un monaco e persino il defunto attraverso l’azione di una medium, dialogano o sono coinvolti nelle diverse versioni sull’accaduto sia in sede giudiziale che nella narrazione successiva. Ma se la verità è una, come raggiungerla a fronte delle differenti prospettive?
Protagora ha una soluzione, specie quando la menzogna si mescola al relativismo come in questo film: il criterio dell’utile. Bisogna ricercare la rappresentazione più comune e diffusa di un gruppo di uomini che dialogano, senza un accordo, attorno alla verità. Una sorta di denominatore comune che sia funzionale o a comprendere o a trarre vantaggiose conclusioni su di un fatto.
Nel Giappone altomedievale, relativismo e bugie sono stati utili alla difesa del proprio onore. La religiosità del monaco, lo spiritismo della medium, entrambi di natura extra fenomenica, poco contano. L’uomo è il grande protagonista, coi suoi interessi personali anche quando fa i conti con la propria redenzione. La scena finale ne è ulteriore riprova.
Il boscaiolo fa i conti con la sua natura di padre ed adotta un bambino in fasce ed occasionalmente trovato. Crescere sette figli non sarà un grande sacrificio per chi ne alleva già sei. Di contro, il monaco smette di essere un moralizzatore ed uno sfiduciato interprete del mondo: la ricerca delle verità è sempre più nel disilluso umanesimo di Protagora.
Parerga e Paralipomena
Il punto di vista privilegiato dell’arte
Se in un tribunale molti sono scontenti per la sentenza, se in uno studio medico non tutti sono soddisfatti di una diagnosi, se dopo aver ascoltato una notizia i malumori serpeggiano, questo è dovuto alla sfortunata circostanza che diritto, medicina e informazione appaiono ai nostri occhi come discipline legate all’assoluta universalità. In realtà la nostra esperienza e quello che un filosofo chiamerebbe “statuto epistemologico” di tali scienze lascia presagire il contrario. Più che mai si tratta di scienze non esatte e con un’evoluzione continua, talvolta rapidissima, della valutazione sul valore di verità che esse propongono. Chi si cimenta con l’arte non ha questo svantaggio: il punto di vista di un creatore di opere viene sempre rispettato, magari anche a distanza di secoli. Ma quale quadro rappresenta al meglio la volontà di un grande artista di far comprendere agli spettatori che invece è proprio il loro punto di vista ad essere secondario? Dove la molteplicità prospettica è ben visibile ed ha un rilievo assoluto? Sicuramente ne Las Meninas, di Diego Velàzquez. All’interno del Museo del Prado, lo sguardo del visitatore volge a sinistra e s’imbatte in un intreccio di vicende dal quale è prodigiosamente escluso. Velàzquez è intento a lavorare su di un’enorme tela, ma non possiamo scorgerne nulla. L’infanta Margarita è con le sue damigelle d’onore, con una nana ed un cane. Nello specchio la coppia dei reali di Spagna, Filippo IV e Maria Anna. Chi sono i veri protagonisti del quadro? Tutti e nessuno allo stesso tempo, verità prospettica, relativa che s’intreccia con la menzogna: un omaggio a Protagora del XVII secolo.
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Scheda del film
Regia
Akira Kurosawa
Titolo originale
羅生門 (Rashōmon)
Durata
88 minuti
Genere
Drammatico, epico
Data di uscita
1950
Dettagli dell’opera
Titolo
Las Meninas
Autore
Diego Velàzquez
Tecnica
Olio su tela
Realizzata nel
1656
Ubicazione