La sincronicità
Vivere le stesse emozioni e provare gli stessi sentimenti non è qualcosa di casuale nell’approccio alla mente umana di Jung. Il rigore della scienza si confronta con magia e parapsicologia, ma chi vive il dramma della malattia desidera solo uscirne al di là dell’approccio utilizzato.
Il film è nato dal recupero da parte di Aldo Carotenuto del carteggio tra Jung e la sua prima paziente, Sabina Spielrein.
La pellicola potrebbe entrare maggiormente in profondità su taluni aspetti storici, psicanalitici ed emotivi, ma quello che più colpisce dal punto di vista filosofico è la sincronicità, l’innovativo principio junghiano che rese spirituale l’inconscio umano letto e studiato in modo metapsicologico da Freud. La coincidenza tra uno stato psichico interiore e un evento esteriore tra loro corrispondenti non è più una relazione di causa-effetto, ma uno dei momenti in cui il bisogno di spiritualità si esprime. Jung elaborò tale concetto analizzando e studiando i fenomeni magici e parapsicologici. Ciò che, a suo parere, caratterizzava queste esperienze era infatti la percezione di unione tra l’interno di sé (pensieri, emozioni, desideri, inquietudini) e gli eventi esterni casuali.
Casuali, in realtà, se visti in termini logici, ma così strettamente connessi al vissuto interiore da renderli unici, speciali, segnali di una connessione profonda tra l’anima e il mondo. Altra caratteristica degli eventi sincronici è quella che li rende assolutamente unici e chiari agli occhi di chi vive tale sincronicità, mentre per tutti gli altri tali eventi non sono altro che “casualità”.
Il rigore della scienza è quanto di più duro da gestire nella storia del pensiero umano. Ma chi ha problemi con la propria mente lo desidera, o meglio, chi vuole la guarigione dei propri cari auspica che non solo l’approccio neurologico ma anche quello psicologico abbia dei paradigmi scientifici solidi. Sapere di cosa si soffre e quanto tempo occorrerà al nostro malato per uscire dal proprio dolore sono le priorità per ogni ammalato, e la psiche non fa certo eccezione. In tal senso, anche ciò che non appare strettamente logico purché considerato metodo di una nuova scienza terapeutica è ben accetto da chi soffre. Così, all’interno del film Jung chiede a Sabina di essere la custode della sua anima. Le destina un frammento di pietra levigato dal tempo che lui preserva gelosamente sin da quando è ragazzo.
Per un filosofo antico sarebbe ilozoismo, la visione del mondo secondo la quale anche la materia ha un’anima. Per Jung è una riprova che quella persona lo attendeva in un tempo futuro. È la stessa simmetria di comportamenti con la quale demolisce a colpi di martello una sua scultura poiché scopre di essere coinvolto emotivamente da Sabina: l’amore è pazzia, è nevrosi, questo urla al mondo Jung e questo sta sincronicamente vivendo Sabina, in reclusione per la stessa patologia autodistruttiva. Poco importa che le vicende reali della vita di Jung vedranno molte delle sue pazienti come autentiche amanti: la sincronicità è nata con Sabina. Jung si desta nel sonno sudato ed in preda agli incubi, mentre Sabina viene trucidata da una raffica di mitra a Rostov, oppure mentre è in barca sul lago ed i suoi cani da caccia in lontananza stanno abbaiando, il moto del suo animo è lo stesso di Sabina che vive e soffre, mentre le stanno censurando i libri o sequestrando e chiudendo l’asilo bianco a Mosca. Non sapremo mai se i due si sono incontrati per caso ad una mostra di Klimt.
Ma quello che Sabina dice di Giuditta, ovvero che ha ucciso Oloferne non perché lo odiava, ma perché lo amava, è l’ennesima riprova di un rapporto tormentato, di due amanti che per mancanza di coraggio o per incapacità di individuare il loro sentimento, si sono poi allontanati l’uno dall’altra.
Parerga e Paralipomena
L’asilo bianco
Che ci piaccia o no, la malattia non è una scelta e va vissuta per quella che è: un dolore da affrontare. Tuttavia la cultura pre-psicanalitica non vede nelle psicopatologie un evento indipendente dalla volontà di chi lo subisce, ma quasi una colpa, un dramma di cui vergognarsi. Da ex malata di nevrosi ed in collaborazione con la collega Vera Schmidt, Sabina Spielrein fondò nel 1923 a Mosca l’asilo bianco, mosso da un innovativo principio. Coloro che incorrono in malattie mentali, spesso vivono questo problema a causa di un’eccessiva costrizione patita nell’infanzia: un silenzio dato dalla vergogna dei genitori per qualcosa di strano, di dissonante presente nei figli. Perché non immaginare un luogo dove pedagogia, filosofia e psicanalisi si fondano? Per essere più precisi, perché non fondare un istituto nel quale s’insegna la libertà come dono più prezioso? Così, prima che venisse distrutto sia fisicamente che concettualmente dal regime di Stalin, l’asilo bianco permise non solo di recuperare, ma anche di prevenire tante forme di psicosi e nevrosi nei suoi piccolissimi frequentatori. Le bianche pareti ed i candidi mobili da cui prendeva il nome, rendevano l’asilo bianco una sorta di piccola accademia del senso di libertà. Nel recuperare le grandi intuizioni di Klimt che la Spielrein ebbe modo di illustrare allo stesso Jung, René Magritte pensò al volto di una potenziale amante come ad un oggetto d’amore e di odio in modo congiunto. In un rapporto sentimentale desideriamo sia l’unione che l’attenzione alla nostra libertà, a quella individualità che la Spielrein volle difendere e testimoniare con la sua stessa morte. Per questi motivi un’altra immagine che cela l’epifania dei due volti è un nuovo approccio alla sincronicità: Les amants di Magritte sono la testimonianza di due spiriti sincronici e liberi allo stesso tempo, proprio perché hanno un cappuccio sulla testa che ne preserva il libero pensiero in senso allegorico.
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Scheda del film
Regia
Roberto Faenza
Titolo originale
Prendimi l’anima
Durata
88 minuti
Genere
Drammatico, biografico, storico
Data di uscita
2002
Dettagli dell’opera
Titolo
Gli amanti
Autore
Magritte
Tecnica
Olio su tela
Realizzata nel
1928
Ubicazione