Nietzsche: l’oltreuomo come uomo nel disordine
La ricerca dell’odine significa talvolta sicurezza sociale e disciplina. Talvolta però ha costituito il pretesto per imporre dittature e violenza. La concezione del disordine non significa solo disorganizzazione e caos, ma anche la possibilità di poter esprimere liberamente un nuovo umanesimo.
Pasqualino vive in una bellissima Napoli nel periodo tra le due Guerre mondiali. Unico figlio maschio di un ampio gineceo familiare, ha due spiccatissimi talenti tra loro congiunti: sedurre le donne e mettersi nei guai. Affronta prima di persona il seduttore e protettore di una delle sorelle e poi, dopo essere stato schiaffeggiato deve lavare anche l’onta di essere stato definito un “vermiciattolo”. Nottetempo entra in casa di quell’uomo ed inavvertitamente lo uccide. Un fidato consigliere, Don Raffaele, lo attende sotto la Galleria Umberto: a fumarsi le sigarette sono bravi tuti, ma i grandi uomini devono essere capaci di fare quello che gli altri non riescono nemmeno a pensare.
Col conforto di una bottiglia di liquore fa a pezzi il cadavere, lo inserisce in una serie di valigie che dovrebbero partire per diverse destinazioni dalla stazione. Qui il suo crimine è scoperto. A questo punto, Pasqualino comincia ad essere sedotto, non più dalle donne ma dalla necessità di trovare ordine nelle sue azioni: deve sopravvivere. Per sfuggire alla pena di morte si finge pazzo e viene spedito in un manicomio criminale. In attesa del trasferimento in carcere incontra un dissidente politico socialista, colpevole di aver pensato nel periodo del Ventennio. Pasqualino si dichiara fieramente “squartatore, il mostro di Napoli” e manifesta i sensi della stima al Duce, ritenuto uomo d’ordine e d’italica dignità. Chi glielo ha fatto fare a quell’omino con gli occhiali rotondi e l’accento emiliano di vedersi privato della libertà per anni a causa di semplici idee politiche? Quando il suo temporaneo compagno di sventura gli dice che gli Italiani hanno la pancia vuota e le orecchie piene di chiacchiere i due sono separati per diverse destinazioni di detenzione e non si rivedranno mai più.
Unico savio tra decine di autentici matti, può avvantaggiarsi di questa situazione. Ma gli manca qualcosa: il sesso. Scorge una donna bruna, corpulenta, con degli occhi spiritati. È legata alle sbarre d’acciaio del letto della propria camera-cella. Pasqualino le raccomanda il silenzio e le promette rapidità d’azione, ma proprio mentre tenta di possederla, quella forza fisica che solo i nervi danno la porta ad urlare, mordere e ridere. Ora la scelta è tra la Campagna di Russia o l’inasprimento della pena. La necessità di tirare a campare diventa la priorità, e così Pasqualino parte, diserta e viene imprigionato con un commilitone. Cosa accade in questo mondo folle e caotico? Il disordine sembra regnare sovrano, la follia porta ad uccidere: Pasqualino assiste al massacro di decine di ebrei in un vallone e viene spedito in un campo di concentramento col suo compagno d’armi e di fuga, Francesco. Ora la speranza sembra essersi dissolta. Pasqualino prima si scontra e poi ascolta con ammirazione uno straordinario personaggio spagnolo, Pedro. Questi è un convinto anarchico bakuniniano. Gli parla di un mondo folle e cattivo, di una vita orrenda dove il pianeta Terra sarà sempre più popoloso e nel quale ci scanneremo per un tozzo di pane o una mela: anche peggio di come vanno le cose lì, in quel lager. Ora comincia da parte di Pedro un’analisi dichiaratamente filosofica che s’innesta perfettamente in una delle possibili interpretazioni del concetto d’oltreuomo di Nietzsche.
Pedro sostiene che lui ci credeva davvero all’uomo, ma questo non è ancora nato e deve fare presto a venire alla luce. Un nuovo essere che sappia ritrovare un equilibrio armonico con la natura dentro di sé. Non un uomo d’ordine come l’affascinante dittatore italiano che Pasqualino amava, non come i Nazisti che sono ordinatissimi, l’uomo di cui parla Pedro è “uomo nel disordine”. Nietzsche sa bene che anche il linguaggio è inadeguato per poter parlare di qualcuno, ancora non nato, che riscriverà i valori umani partendo dall’uomo stesso e non dalla morale, da condizionamenti esterni. Ecco perché sia ne La gaia scienza che soprattutto in Così parlo Zarathustra il disordine, il caos, sono sempre preferiti come prospettive possibili all’ordine ed alla definizione precisa delle cose. Pasqualino è sempre dello stesso avviso: sopravvivere, vivere ad ogni costo, lui vuole vedere figli, nipoti, nipoti dei nipoti. Non vuole morire. Il rischio è fortissimo: imbellettarsi umettando di saliva le sopracciglia, rompere le righe dell’ordine in cui i prigionieri sono disposti, fischiettare A tazza ‘e cafè e fissare negli occhi l’algida e corpulenta direttrice del campo di concentramento. Con modi non certo morbidi la gigantesca valchiria dai capelli rossi lo fa portare al proprio cospetto. Pasqualino con le poche energie che gli restano, le manifesta di essersi innamorato di lei. Ovviamente la donna non gli crede e gli racconta un aneddoto. Nella Parigi occupata dai Nazisti, un uomo offriva uno spettacolo particolare per poter vivere: faceva l’amore con un’oca. Ora Pasqualino ha una possibilità equivalente. Deve riuscire a fare l’amore con lei. Ma le energie sono poche e lo spettacolo di quella donna, non certo bella non è invitante.
Ma l’aut-aut è oramai giunto. O il rapporto sarà consumato o sarà ucciso. Pasqualino riesce a compiere i suoi doveri di maschio dopo aver mangiato, nella totale assenza di piacere della direttrice che gli manifesta il suo disprezzo chiamandolo, verme mediterraneo. Gli eventi precipitano. Pasqualino è ora promosso kapò, ma mentre si stanno selezionando dei prigionieri da giustiziare, Pedro urla e corre, dicendo di essersi “rotto le palle” e di voler finire i suoi giorni nella merda. Si toglierà la vita gettandosi nel pozzo nero del lager, mentre i soldati lo mitragliano. Francesco si solleva dalla posizione fisica che tutti i prigionieri devono assumere ed inveisce contro i soldati. Siamo al culmine dell’esasperazione. Pasqualino vorrebbe salvare la vita dell’amico. Lo percuote col manganello, ma è coinvolto in un sadico momento della verità voluto dalla direttrice: sarà lui stesso a dover uccidere con un colpo di pistola alla testa Francesco. Questi lo invita ad affrettarsi, a farla finita, afferma tra le righe che è meglio morite per mano sua che di un tedesco. Combattuto, Pasqualino sceglie di vivere e spara.
L’uomo nel disordine è ancora di là da venire. La guerra è finita, si torna a Napoli. La foto di Pasqualino che era pianto da anni come disperso, forse morto, ora non ha senso. Tutte le donne della sua famiglia si sono date alla prostituzione per poter vivere. Persino la madre e la sua cara ragazza dagli occhi chiari, vecchio e sincero amore. Poco importa. Il tempo è compiuto. Pasquale propone di sposarsi, e recita una sorta di suggestivo sermone: fare tanti figli per potersi difendere in un’umanità che si farà la guerra per sopravvivere. Tornano più che mai le parole di Pedro.
PARERGA E PARALIPOMENA
La bellezza dell’imperfezione
La corsa sfrenata alla ricerca della perfezione fisica, trova terreno fertile nell’odierna possibilità di poter correggere i difetti del corpo umano. Eppure la cultura popolare individua un’attrazione irresistibile proprio in quelle che, in termini di carenze fisiologiche di ogni vivente, potremmo considerare delle tremende imperfezioni. Ben noti nel genere femminile sono lo strabismo di Venere, la presenza di linee addominali oblique da sopra l’ombelico sino al basso pube, il piede greco, col secondo dito più lungo dell’alluce, le rughe sulla circonferenza del collo. Non di meno, gli uomini con un naso pronunciato, coi lobi uniti all’orecchio, con braccia lunghe e sproporzionate rispetto al torso, con mani grandi, al punto da avere il dito medio più lungo del palmo, sono considerati attraenti. Se la chirurgia estetica desidera proporre il modello della simmetria, la nostra inclinazione è più che mai diretta verso ciò che non è tale: difficilmente acquisteremo della frutta e della verdura perfettamente proporzionate ed uniformemente colorate. Il sospetto senza che un agrume ed un ortaggio siano stati coltivati con metodiche poco naturali sorge così spontaneo, alterando in modo irreversibile anche il nostro gusto alimentare oltre che quello estetico. Paul Cezanne sostenne di voler stupire Parigi ed il mondo accademico con una mela. Le sue nature morte sono alcune tra le tante che potevano essere ammirate nelle esibizioni pittoriche di fine Ottocento. Le sue mele non sono nitide, perfette, simmetriche, ma presentano anche dei colori sbiaditi. A ben vedere, è difficile comprendere se siano proprio delle mele: sembrerebbero tanto delle pesche, quanto addirittura delle cipolle con delle arance. In realtà la sfida di Cezanne era appena iniziata. Da forme non esattamente sferiche, voleva ricavare un qualcosa che alludesse a delle naturali rotondità. Proprio perché non esattamente uguali ad un solido con tutta la superficie equidistante dal centro, Cezanne dava l’idea che fossero elementi di una natura morta ricavata dal mondo reale: il tavolo sembra essere inclinato, i frutti sembrano cadere a terra. La bellezza dell’imperfezione della natura.
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Scheda del film
Regia
Lina Wertmüller
Titolo originale
Pasqualino Settebellezze
Durata
115 minuti
Genere
Drammatico, commedia, grottesco
Data di uscita
1975
Dettagli dell’opera
Titolo
Mele e arance
Autore
Paul Cezanne
Tecnica
Olio su tela
Realizzata nel
1899
Ubicazione