Occuparsi e non preoccuparsi
Un’esistenza triste nasce talvolta dalla mancata consapevolezza del proprio stato d’infelicità. La filosofia dell’ultimo Kierkegaard offre la possibilità di una vita serena.
Amélie possiede una profonda sensibilità: la morte di Lady Diana l’ha sconvolta. Quando apprende questa notizia, trova anche in modo accidentale una scatola di latta. Probabilmente tanti anni prima era stata nascosta da un bambino in quello che ora è il suo appartamento. Le si apre un mondo di giochi di un misterioso fanciullo oggi adulto: è quello che dopo tante indagini oggi è il signor Dominique Bretodeau. Dopo vari tentativi, anche infruttuosi perché il vero nome non è ben compreso, Amélie grazie alla collaborazione di un suo vicino di casa scopre la vera identità di quell’uomo. Il suo vicino è chiamato da tutti “l’uomo di vetro”. A tutti appare fragile nel fisico, poiché ha le ossa facilmente fratturabili al punto tale da aver creato imbottiture in tutta la casa, e nella mente, una sorta di pittore fallito che dipinge decine di versioni dello stesso quadro di Renoir.
Amélie con uno stratagemma fa trovare la scatola a Bretodeau in una cabina telefonica. Lo sconvolgimento emotivo è incredibile. Ora l’uomo deve ripristinare il rapporto con la figlia che non vede da anni e portarlo finalmente a conoscere il nipote. Tutto questo avviene in una confessione ad alta voce nello stesso bistrot dove Amélie lavora come cameriera. Ma a cosa è dovuto questo continuo pensare all’esistenza delle altre persone? Amélie non ha ancora preso consapevolezza di quanto la sua vita sia triste e piena di problemi. Avrebbe tutte le carte in regola per essere felice. Non le mancano avvenenza, gioventù, abnegazione nel lavoro. Ma è profondamente sola. Dialoga in un universo di piccoli passatempi infantili frutto o della sua immaginazione (gli oggetti di casa sua le appaiono animati) o di piccole manie simil nevrotiche, come far rimbalzare sassi su corsi d’acqua o apprezzare il suo cucchiaino che rompe lo strato di crema solidificata di un dolce.
La riprova che non sa occuparsi dei suoi problemi, poiché non è capace ancora di intravederli, risiede in quello che farà dopo l’esperienza della scatola di latta del signor Bretodeau. La sua è una missione universale generata da una notte insonne: aiutare gli altri mettendo a posto le cose della loro vita che non vanno bene. Che sia un mendicante della stazione ferroviaria, un non vedente cui descrive lo scenario di colori di Parigi mentre attraversa la strada, un commesso di un negozio di ortofrutta col suo sgradevole principale, una potenziale coppia formata dalla cassiera e da un abituale avventore del locale dove lavora, la portinaia del suo stabile vedova infelice di un marito traditore e latitante, uno scrittore alla ricerca della gloria o suo padre solo e chiuso in se stesso, la parola d’ordine sarà sempre la stessa: sistemare la fonte della loro infelicità. AmAmélie elie è forse semplicemente una brava ragazza? In realtà, non sa amare. Prova anche la sessualità occasionale con un uomo, ma non ha alcun risvolto né fisico né emotivo.
È attirata da Nino, un ragazzo che conosce occasionalmente e che ha uno strano hobby: colleziona le fototessere mal riuscite e gettate via nei pressi delle macchine da posa automatiche delle stazioni. Ma non ha la forza ed il coraggio di cedere all’amore: più comodo è credere che Nino non sia quello che lei crede e ritenersi offesa, gelosa e triste. In fondo è quello che fanno tutti coloro i quali non amano, si sentono offesi dall’amore al punto da “liquefarsi” senza forze.
Ora il quadro analitico è completo: il collage della vita di Amélie somiglia tanto a quelle fototessere da ricomporre. Così come il mistero delle stesse sarà disvelato gradualmente, anche il buon Kierkegaard le verrà in soccorso involontariamente. Le viene recapitata una videocassetta dell’uomo di vetro con un chiaro messaggio: signorina, abbia il coraggio di cedere ai suoi sentimenti, alle sue passioni. Occuparsi, non preoccuparsi, lo slogan riscontrabile nella bellissima opera il giglio nel campo e l’uccello nel cielo, l’unico scritto del filosofo danese firmato col suo vero nome. Sia il pittore che il pensatore di Copenaghen mutuano dal vangelo di Matteo un consiglio ben preciso. Non solo non si possono servire due padroni nella vita, ma non ci si può nemmeno sdoppiare temendo le conseguenze che una cattiva scelta potrà avere sul nostro agire. Così come Amélie è stata brava a preoccuparsi degli altri e ad occuparsi di loro, allo stesso modo potrà finalmente prendere consapevolezza che non riuscire ad amare, ad interagire, a concepire anche per sé la necessità di qualcuno che le faccia battere il cuore, sono problemi di cui occuparsi. Ma attenzione: senza preoccuparsene. Ogni amore può finire, può frantumare le ossa come per l’uomo di vetro, può dare dispiaceri come al proprio padre ed alla portinaia del suo stabile, entrambi vedovi inconsolabili. Tuttavia se tutto è vissuto con la stessa intensa passione che ha profuso, come accade per il giglio nel campo e per i passeri nel cielo, la linfa della loro esistenza verrà dall’essersi dedicati con quello stesso amore a ciò che li impegnava. Non un invito all’inoperosità da parte di Kierkegaard, ma una consapevolezza a pochi anni dalla sua prematura morte. Forse c’è anche in questa esistenza la possibilità di essere felici. Amélie ora può vivere spensierata con Nino senza essere divorata dal problema di questa scelta, la più onerosa, poiché fatta per lei stessa. Il simbolo di tale svolta è la frase dello scrittore alla ricerca di notorietà Hipolito che aiuta e di cui diffonde gli aforismi in tutta Parigi: senza di te, le emozioni di oggi sarebbero la pelle morta delle emozioni passate.
Parerga e Paralipomena
Il giglio nel campo, l’uccello nel cielo
Spesso la conoscenza di Kierkegaard si limita all’asistematica serie di scritti redatti coi suoi pseudonimi. Non importa che scelta, paralisi, angoscia, disperazione siano le parole chiave. Non è significativo che lo stadio estetico, etico o religioso dell’esistenza la facciano da padrona. Il messaggio può essere sinteticamente risolto nel risultato che a prescindere da qualsivoglia sforzo o ricerca per una stabilizzazione della felicità, essa non è raggiungibile, specie se, come egli stesso diceva di sé, si è “quel singolo”. In una sorta di testamento spirituale a soli cinque anni dalla sua morte, Kierkegaard pubblica il giglio nel campo e l’uccello nel cielo dove ha lo scopo di proporre uno scritto che in ambito filosofico è definito come “edificante”, una cura per lo spirito ed un’uscita dalla disperazione del vivere, oggi lo chiameremmo un libro di self help. Insomma: sinora la sua pars destruens era prevalente, ora è giunto il momento di costruire l’edificio della serenità. Questa casa è come un condominio a due piani. Nel primo, dimora Socrate, pensatore molto stimato da Kierkegaard poiché l’unico tra quelli del passato che abbia lavorato per una cura dell’anima. La sua vita dovrebbe insegnarci molto, come accade per una peccatrice di tradizione evangelica, l’abitante del secondo piano della casa. Cosa possiamo imparare tanto da Socrate quanto dalla peccatrice? In primo luogo potremmo diventare indifferenti a qualunque altra sollecitazione del mondo, poiché la prima necessità è la ricerca del perdono. In secondo luogo a cercare tale perdono in noi stessi, nell’ammissione dei nostri sbagli e nel superamento di tutti gli ostacoli che da soli abbiamo messo davanti a noi. L’esistenza senza preoccupazioni nasce dalla demolizione di quanto inutilmente abbiamo frapposto tra noi ed un cammino senza intoppi. In sostanza Kierkegaard prende dal Vangelo di Matteo il disinteresse per la nostra natura materiale e da Socrate l’attenzione per la nostra voce interiore, che troppo spesso soffochiamo a causa di inutili recinzioni che circoscrivono la vita. Il messaggio non è la nullafacenza o l’egoismo, ma l’operosità verso ciò che amiamo senza curarci delle conseguenze che la possibilità di un potenziale insuccesso potrebbe causare. Questa svolta dell’animo che in Kierkegaard è ben visibile nell’uomo di vetro di Amélie che ha prodotto più copie de La colazione dei canottieri di Renoir. Il pittore raffigura amici e conoscenti che frequentava abitualmente e rappresenta una svolta dall’impressionismo ad un nuovo modo di dipingere che lo avrebbe caratterizzato dopo il suo viaggio in Italia. Ora non giochi di luce ma lo splendore e la stabilità di volti irradiati dal sole saranno il suo nuovo stile, che lui stesso definisce aigre, dal termine agire e dall’ammirazione per il collega Ingres. Più che mai, Renoir è ora soddisfatto da una raggiunta serenità artistica che solo chi si “occupa e non preoccupa” di rappresentare volti può trovare.
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Scheda del film
Regia
Jean-Pierre Jeunet
Titolo originale
Le fabuleux destin d’Amélie Poulain
Altri titoli
Amélie
Amélie of Montmartre
Il mondo di Amélie
Il favoloso mondo di Amélie
Durata
120 minuti
Genere
Commedia
Data di uscita
25 Gennaio 2002
Dettagli dell’opera
Titolo
La colazione dei canottieri
Autore
Pierre-Auguste Renoir
Tecnica
Olio su tela
Realizzata nel
1880/1882
Ubicazione