La dicotomia virtù-fortuna in Machiavelli
Cosa conta per avere successo? Cosa occorre per mantenerne per lunghi anni la stessa intensità? Tra fortuna e capacità individuali la lotta è talvolta pari, ma basta una minima oscillazione per far pendere verso l’una o l’altra occorrenza i nostri desideri.
Un punto decisivo, un nastro che nega la vittoria, o che trasforma in un involontario ed imprendibile drop shot un potente dritto da fondo campo. Quanto la fortuna sia decisiva non solo nello sport, ma anche nella vita lo sa benissimo Chris Wilton, ex professionista dell’Atp che ha giocato persino contro Agassi, e che ora conduce una morigerata vita da atleta anche nelle vesti di affermato maestro di tennis.
Silenzioso, di origine irlandese, descritto all’interno di questo film di Woody Allen come un piacente giovane dagli occhi chiari e con un gioco solido da fondo campo, Chris ha ora deciso di trasferire il suo mondo etico a Londra. Potrà mettersi al servizio soprattutto della famiglia Hewett, tra i facoltosi soci di un club di amatori della racchetta non tutti provetti. Questo ragazzo che non può permettersi di pagare facilmente l’affitto settimanale di una stanza, non ha solo un curriculum invidiabile ed un notevole bagaglio tecnico nei fondamentali di dritto e rovescio. Il suo essere etico significa anche tante ore di studio su Sofocle e Dostoevskij, non fumare, non bere alcolici, al punto tale da scoprire i vini rossi francesi solo in una cena dove, ovviamente, ha ordinato il piatto meno caro e più salutare: pollo arrosto. Al momento la fortuna conta ancora poco nella narrazione cinematografica della vicenda. Ma tutto scaturisce da un preciso momento, come nella vita di uno dei più grandi protagonisti della storia della filosofia politica: Niccolò Machiavelli. In una Firenze sconvolta da attentati, tumulti religiosi ed intervento delle forze politiche esterne alla famiglia dei Medici, Machiavelli perde di colpo il prestigioso incarico politico di cancelliere. Da vent’anni lavorava sui Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio, ma ora, visto che potrebbe essere facile e fortunosa la presa del potere, ma difficile la possibilità di mantenerlo, mentre gioca a dadi e beve vino nelle osterie, concepisce in poche settimane un trattato atto proprio a questa necessità: come si conserva il potere una volta ottenutolo? Il Principe rimarca come la stabilità politica si regga sicuramente per mezzo delle tante doti del monarca, che in un’ottica filosofica simile al primo stoicismo Machiavelli chiama virtù. Non di meno ed esattamente per il 50%, a contare è anche la fortuna, che forma una dicotomia stavolta non separabile. Se questa coppia dovesse scindersi, potere, successo, gloria scompariranno in tempi rapidissimi. Chris nota che la fortuna gli sta sorridendo perché piace a tutta la famiglia Hewett. Quei ricconi saranno di lì a qualche mese sua moglie, suo cognato ed i suoi suoceri. Ora non è solo dipinto come il bravo ragazzo che gioca a tennis, padroneggia la storia di Rodja Raskolnikov ed i libretti della lirica, ma anche come un valido uomo d’affari che impara subito anche le locuzioni formali della lingua giapponese pur di essere competitivo tra i grattacieli della City. La conoscenza di Nora Rice è per lui la rottura con ogni etica. Dovrà reggere il gioco del potere che ha ottenuto in modo fortunato e che sta ravvivando con la virtù.
Prima occasionali amanti e cognati acquisiti, poi il simbolo di amore e desiderio a partire da un fortunoso incontro nella Tate modern. Ecco soldi e sesso, la coppia su cui Chris non sa decidersi e che vorrebbe compresente come virtù e fortuna. In fondo Chris non ama la moglie Chloe, ma non riesce a rinunciare al tenore di vita che gli offre così come alle gradevoli effusioni nel tardo pomeriggio con Nora. Chloe è l’amore pubblico, Nora il desiderio privato. Potranno mai coesistere come virtù e fortuna? Forse è possibile, ma se Nora è sempre più insistente, invadente ed addirittura aspetta un bambino, quello che con Chloe non si riesce a concepire, forse è il caso di mandare davvero alle ortiche l’etica e di continuare ad apparire il virtuoso che ora non può, non potrà mai più essere.
Il duplice omicidio, trucidare gli innocenti come ha fatto Cesare Borgia, tanto amato da Machiavelli, la mancata scoperta da parte della polizia che questo tremendo atto finale è stato da lui compiuto, sono il ritorno della fortuna ed il definitivo abbandono della virtù in un modo paradossale. Il tennis è in sé uno sport perfettamente diviso in due: tutte le porzioni di campo sono simmetriche e dicotomicamente rette da virtù e fortuna. Ma in questo gioco, se la palla rimbalza indietro rispetto all’interferenza del nastro, il punto è perso. Stavolta non è così. Quell’anello che torna indietro, che finisce nelle tasche di qualcun altro.
L’accusa che svanisce e che viene scaricata su di uno spacciatore trovato morto e con quel gioiello in tasca. Questo è il vero match point vinto. Sarà facile reggere una vita con questo rimorso? Forse sì, perché Chris non è il Rodja di Dostoevskij e per sua fortuna il poliziotto che nottetempo ne aveva intuito la colpevolezza non è il giudice istruttore Petrovic. Ora l’augurio per il suo neonato è soltanto uno: che possa essere fortunato.
Parerga e Paralipomena
Alice nel paese del tennis
Un gioco elitario, dove si è soli a pensare ed a decidere in una frazione di secondo, dove il calcolo è inevitabile e dove fino all’ultimo si potrebbe perdere. Molti hanno accostato il tennis alla filosofia, tra questi vi è un letterato, filosofo, matematico ed esperto di teoria dei giochi che era un grande appassionato di questo sport: Lewis Carroll. Dopo aver inventato la nyctografia, un sistema di scrittura che consentiva di scrivere al buio, ed un gioco diffuso in tutto il mondo chiamato word ladder, Carroll notò che la sua mente doveva essere messa a servizio delle partite di tennis, che su erba duravano troppo tempo. Il motivo? Quando si recava a Wimbledon per assistere al più importante torneo del mondo, era difficile che chi stesse servendo non vincesse il game. In gergo tennistico si dice “tenere il servizio”, poiché è ben noto che chi sta battendo ha un vantaggio e che la pallina su quella superficie prende talvolta dei rimbalzi imprevedibili a terra. Il manto erboso lo ispirò. Si poteva immaginare una sorta di gioco finale a sette punti che rompesse il nodo, per l’appunto tie, quella situazione d’indecidibilità che esiste a partire dal 6 a 6 alla fine di un set. Quando Carlo Carrà dipinse nel 1917 La musa metafisica, il tennis era già uno sport noto da decenni e la competizione coinvolgeva molto gli ambienti culturali di tutta Europa. Ma il pittore era da poco entrato nel suo periodo metafisico, abbandonando quello futurista. Per questi motivi preferì dare al tennis un’immagine onirica e trascendentale. Un omaggio al mondo di Carroll e della sua Alice nel paese delle meraviglie? In fondo in quella storia carte da gioco, indovinelli, orologi non mancano mai, proprio come per gli spettatori di Wimbledon in attesa sul campo centrale.
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Scheda del film
Regia
Woody Allen
Titolo originale
Match Point
Durata
124 minuti
Genere
Drammatico
Data di uscita
2005
Dettagli dell’opera
Titolo
La musa metafisica
Autore
Carlo Carrà
Tecnica
Olio su tela
Realizzata nel
1917
Ubicazione