Legalità e moralità in Kant
Il limite tra ciò che è possibile fare, in funzione di quanto determinato dalle norme, e ciò che sarebbe giusto fare, in base a delle regole universali del genere umano, non è sempre ben definito e circoscritto da un contesto giuridico, ma poggia su di una morale interiore ed universale.
Fine anni Sessanta. Giorgio Rosa è un ingegnere neolaureato. Una mente brillante come la sua non può immaginare solo l’ordinario, e così progetta un’automobile che non è il prototipo di una macchina da produrre in serie, ma che è unica e sua nel senso più assoluto del termine. Ovviamente un mezzo senza targa e libretto di circolazione non può certo circolare per le strade di Bologna. Mentre sta provando a riconquistare la sua ex fidanzata, promessa sposa di un altro uomo, la polizia lo ferma e lo sanziona, al punto tale da fargli passare una notte in galera perché era anche senza patente.
Si allontana ogni velleità di un ritorno di fiamma, ma le sue capacità lo potrebbero rendere utilissimo nel team della Ducati, l’azienda motociclistica dove il padre lavora da anni come meccanico. Peccato che in pieno Gran Premio di Imola, mentre dovrebbe segnalare il tempo ad un pilota, si distrare, reclina la lavagna ed è attirato da un nuovo sogno suggerito da un manifesto pubblicitario a bordo pista: realizzare una piattaforma in mezzo al mare. Non resta che contattare Maurizio, un compagno di goliardia che a differenza sua proviene da una famiglia ricca e di imprenditori. Questo corpulento sognatore ha il vizio di bere qualche bicchiere di troppo, ma ha lo stesso spirito propositivo di Giorgio e lo asseconda in questa che appare una folle impresa. Costruiranno una piattaforma di quattrocento metri quadrati a poco più di sei miglia marine dalla costa di Rimini. Lì, in acque internazionali, nessuno potrà creare ostacoli di natura legale. L’intuizione è davvero felice: dei pesantissimi tubi d’acciaio possono galleggiare se trainati.
Una volta che saranno aperti alle estremità, si riempiranno d’acqua e si depositeranno sul fondo per iniziare i lavori. Comincia un’avventura che rende avvincente ogni piccola conquista e che attirerà migliaia di persone, in un clima perenne di pacifica festa, grazie alle capacità di PR di Rudy Neumann, un simpatico apolide di origine tedesca noto per le sue attività in tutta la riviera romagnola. Ora tutto è compiuto: acqua potabile, un bar che serve amaro di una sola marca, musica, un servizio d’imbarcazioni sono i comfort che offre una micro nazione a tutti gli effetti, alla quale manca solo un nome: Isola delle rose. Non passerà molto tempo e sarà possibile anche ufficializzarne la lingua. Trattandosi di un luogo artificialmente creato, non può che essere l’esperanto, che darà modo anche di pensare ad un governo, ad una moneta, a dei passaporti ed alla richiesta vera e propria di una cittadinanza da parte di potenziali cittadini di tutto il mondo, che inviano una caterva di lettere.
Sarà tutto legale? In effetti, oltre che prettamente giuridica, la questione appare filosofica, esattamente per come ce la descrive Kant nella Critica della ragion pratica e nel saggio sulla Metafisica dei costumi. La piattaforma di Giorgio, Maurizio e Rudy è la concretizzazione di quella nozione d’imperativo categorico tanto cara al kantismo. Queste persone non vogliono solo che quanto accada su quella piccola costruzione in mezzo al mare sia formalmente legale. Gli interessa anche che il governo italiano, l’Onu e l’Europa riconoscano che sia legittimo o come direbbe Kant, morale l’istituzione dell’Isola delle Rose. Se a guidarli fosse il principio di un imperativo ipotetico, il loro sarebbe solo il rispetto formale della legge, cui non corrisponde anche l’intenzione di operare moralmente bene. Invece questo sodalizio ha esplicitamente introiettato le caratteristiche dell’imperativo categorico. Anzitutto i membri dell’isola vivono un profondo disinteresse: quando gli si prospettano dei tentativi di corruzione o delle concrete offerte economiche per desistere dalla loro impresa, le rifiutano. Inoltre sono totalmente incondizionati nelle loro azioni, perché non hanno nessuno che gl’imponga di restare sulla piattaforma: al massimo tanti, a partire dalle loro famiglie o dal potere politico vorrebbero il contrario. Non di meno, si sentono di poter estendere il senso di libertà e d’indipendenza acquisita a tutti gli uomini: quello che Kant chiama il carattere dell’universalità. Per questi motivi, si comprende bene come Giorgio, presidente di questa piccola nazione, senta di dover andare fino in fondo, tornando a Bologna per prendere la sua piccola auto sequestrata e per porvi sopra una targa posticcia, tanto da recarsi fino a Strasburgo al Consiglio d’Europa per reclamare lo status di nazione indipendente.
Lo scalpore che questa iniziativa ha offerto al mondo, rivolse in piena epoca di contestazione giovanile un messaggio di pace e di fratellanza, in nome di una pace, anch’essa universale e si spera perpetua, futuro progetto di Kant nei suoi ultimi anni di vita.
PARERGA E PARALIPOMENA
L’analfabetismo di Socrate
“Colui che spera”, era questa la definizione sottesa all’esperanto, la lingua artificiale generata dall’oculista polacco Ludwik Zamenhof alla fine del XIX secolo. Un assemblaggio di idiomi, generato dalle parole più semplici di più lingue parlate, con l’auspicio che il primo grande problema che scatenava conflitti potesse essere definitivamente risolto: l’annullamento di ogni incomprensione. Purtroppo è ben noto che quando qualcosa è proposto dall’uomo non sempre viene percepito come facilmente accettabile, anzi genera mancanza di spontaneità. Un esempio profondo è il salto tra il greco ed il latino. Se dopo le mirabolanti conquiste d’Alessandro il bacino del Mediterraneo continuò a parlare per migliaia di anni la lingua esportata dai macedoni senza alcuna difficoltà e come fonema prediletto per gli scambi internazionali, il latino, lingua imposta, divenne oggetto di profondo studio, ma non già la modalità prediletta per dialogare con gli stranieri: restava la lingua degli invasori. Ben diversa è la tradizione del castigliano. Lo spagnolo, con tutte le sue varianti, è l’idioma più parlato in Occidente dopo l’inglese per la mancanza di una lingua scritta da parte delle civiltà precolombiane e per lo sterminio correlato di quei popoli. Ma quanto è artificiale è davvero così difficile da introiettare? Purtroppo sì, per chi non nasce con la naturale propensione a quel linguaggio. Oggi i nativi digitali sorridono di fronte all’incapacità degli over 65 di utilizzare uno smartphone, probabilmente anche Socrate ebbe lo stesso problema quando preferì la tradizionale modalità orale per la trasmissione del sapere, forse perché non alfabetizzato a scrivere ciò che conosceva e voleva tramandare. Ed allora oggi appare come un elemento di archeologia informatica ciò che pochi decenni fa era innovativo, nonché speranzoso di un’ampia diffusione del proprio linguaggio, proprio come accadde con l’esperanto di Zamenhof.
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Scheda del film
Regia
Sydney Sibilia
Titolo originale
L‘incredibile storia dell’Isola delle Rose
Durata
117 minuti
Genere
Commedia, drammatico, storico
Data di uscita
2020
Dettagli dell’opera
Titolo
Apple I
Autore
Sconosciuto
Tecnica
Fotografia
Realizzata nel
1975
Ubicazione