Agostino: il futuro è attesa
Il futuro è ricco di incertezza, ma c’è un modo per poterlo vivere pienamente: renderlo presente e conferirgli delle aspettative come vissuto personale. Anche se queste non dovessero realizzarsi a pieno, l’attesa della possibilità del loro concretizzarsi le rende un insieme di momenti positivi.
Napoli, ultimi mesi del secondo millennio. Quattro adolescenti sono oggetto di un’intervista di carattere documentaristico. Sognano il riscatto, in una Napoli che sembra offrirgli delle occasioni. Un cantante affermato, un formidabile calciatore, una ballerina provetta, una modella statuaria.
Enzo, Fabio, Adele e Silvana potrebbero essere proprio questo nel 1999. Ma il tempo presenta un problema, specie quando è prospettico. Esso non è una faccenda collettiva, ma un vissuto individuale. Mentre si interroga su come sia possibile conciliare la propria fede in Dio con l’essere attirato dai peccati del mondo, Agostino nelle Confessioni propone un’analisi sul tempo che ben si adatta ai nostri quattro protagonisti. In effetti, il tempo non esisterebbe per come lo abbiamo appreso e rappresentato sin da bambini. La dimensione del passato non è più esperibile, quella del futuro non ancora vissuta. La soluzione proposta è che il tempo ha valore solo all’interno del nostro animo ed esclusivamente nel presente, valutando il passato come memoria ed il futuro come attesa. “Un fatto è ora limpido e chiaro: né futuro né passato esistono. È inesatto dire che i tempi sono tre: passato, presente e futuro. Forse sarebbe esatto dire che i tempi sono tre: presente del passato, presente del presente, presente del futuro. Queste tre specie di tempi esistono in qualche modo nell’animo e non le vedo altrove: il presente del passato è la memoria, il presente del presente la visione, il presente del futuro l’attesa.” Memoria ed attesa sono stati del pensiero tutti vivibili, ma solo al presente. Ma cosa attendono i nostri giovanissimi ragazzi napoletani? Come ogni loro coetaneo desiderano un lavoro, una relazione stabile, magari anche un inaspettato passante che si accorga del loro talento invitandoli ad un casting. Dieci anni dopo, il carattere documentaristico del film scivola su quello narrativo. Nessuno dei quattro protagonisti ha realizzato quello che desiderava: le loro esistenze sembrano essere bloccate, interrotte, senza una reale possibilità di miglioramento sociale, economico, professionale, emotivo.
Enzo lavora porta a porta come procacciatore di una compagnia telefonica di rete fissa. Non si può permettere un’automobile: ha una fidanzata di colore che porta sullo scooter e sbarca il lunario suonando la chitarra e cantando, proprio come faceva da bambino e col padre. Fabio fa il venditore ambulante di sciarpe e cappelli. Ha un dolore profondo nel cuore: la morte del fratello.
Ora palleggia con un pallone di gomma arancione sul terrazzo di casa sua e prende il sole dove capita nei lunghi pomeriggi d’estate. Adele ha una figlia ma non un partner fisso. Si mantiene continuando a ballare in un night club. Il suo mondo è fatto del confronto con la sua famiglia: la bambina, la madre, il fratello che ha cambiato sesso. Ma più di tutti è in perenne attesa Silvana.
Con un padre in carcere ed una madre che l’ha abbandonata, ascolta canzoni napoletane e vende cosmetici. L’alta moda è un ambiente distante ed inarrivabile e lei lo sa bene. La sua storia come quella dei suoi coetanei potrebbe essere malinconicamente votata alla tristezza, alle lacrime facili, alle dolorose occasioni disattese. Invece il tema dell’attesa agostiniana è ancora ben vivo. Silvana ha gli stessi occhi di quando da ragazza le era stato chiesto quali fossero le cose belle della vita. Sola, affacciata sul balcone di una casa popolare e con un paesaggio desolante alle spalle, era restata in silenzio ed interdetta. Quale sarà la sua attesa? Una vana speranza di tipo infantile? Un’illusione consapevolmente costruita ad arte e ripetuta fino a diventare vera?
L’espediente cinematografico è davvero profondo: Silvana indossa un abito da sposa. Ora è sorridente. Anche se i fidanzati vanno e vengono nella sua solitaria situazione sentimentale, resta viva nel suo presente l’attesa dell’amore che non è ancora arrivato. Nonostante tutto, le cose belle della vita possono ancora sopraggiungere, tutto sta ad attenderle in un perenne presente agostiniano.
PARERGA E PARALIPOMENA
L’attesa che pesa
Potremmo immaginare che la mancata certezza della realizzazione delle nostre attese possa portare ad una profonda tristezza. In effetti non essere sicuri che gli sforzi che stiamo profondendo possano trovare riscontro futuro, potrebbe generare situazioni angosciose e paralizzanti, ben note alla tradizione filosofica esistenzialistica. C’è un aspetto sul quale è forse opportuna una riflessione. L’attesa che realmente pesa non è quella dell’incerto, ma quella di un tempo già proiettato in avanti, che porta con certezza ad un risultato. Quando la nonna di Newton gli chiese di far bollire un uovo, gli diede un orologio per contare i minuti. Immerso nei propri pensieri, il giovanissimo Isaac mise l’orologio in cottura e l’uovo sul tavolo. Tutti potrebbero pensare ad un tipo geniale e strampalato, ma forse ciò che più gli pesava era lo spender tempo ad attendere qualcosa di già noto, che non riservava alcuna sorpresa. L’attesa che pesa è forse non quella dell’ignoto e del possibile, ma di quel tempo senza investimento emotivo, senza sogni, senza potenzialità che è legato ad eventi stereotipati e di sicura venuta. I secondi in ascensore sono spesso interminabili, come quelli in attesa del suono del timer del forno. La mancata risposta ad un nostro messaggio ci farà sicuramente soffrire, ma non è preferibile ad un risponditore automatico, che ci dice che la nostra mail sarà letta con attenzione, ringraziandoci con un testo predeterminato e senza umanità? Non è preferibile lo spiacevole rifiuto ed il diniego di un umano rispetto alla falsa accettazione di una macchina? Gli uomini sono in anticipo o in ritardo ad un appuntamento. Se ne dimenticano. Lo disertano per paura o disinteresse, ma l’attesa dell’imponderabile è forse il bello che il futuro ci riserva. Ed Hopper è noto per essere il pittore della solitudine condensata nelle sue notti ed in città sempre più grandi. Nel suo quadro Sole del mattino, sembra emergere proprio il tema dell’attesa. Apparentemente tutto è molto semplice. Una ragazza si sveglia e di fronte a sé ed al proprio letto ha una finestra. Cosa l’aspetterà in questo giorno? Hopper sa bene che tutto è ignoto ed il volto inespressivo con le braccia che avvolgono le ginocchia sembra accompagnare questo dilemma. L’attesa potrebbe portare la giovane donna a giacere ancora per qualche ora, ma il pittore americano sa bene che attendere non significa stare passivamente alla finestra: the best is yet to come.
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Scheda del film
Regia
Agostino Ferrente e Giovanni Piperno
Titolo originale
Le cose belle
Durata
88 minuti
Genere
Documentario
Data di uscita
2013
Dettagli dell’opera
Titolo
Sole del mattino
Autore
Ed Hopper
Tecnica
Olio su tela
Realizzata nel
1952
Ubicazione