Non curarti di nessun Dio
Il peccato, la sfida a Dio da parte di uomini non sottomessi, viaggia parallelamente alla necessità di rimarcare la naturalità degli istinti e l’indifferenza del creatore che si disinteressa del mondo.
Kevin Lomax è un formidabile avvocato, difensore anche di imputati palesemente colpevoli.
John Milton, a capo di una grande azienda, ne intuisce il talento e lo assume, portandolo a vivere a Manhattan. Due donne importanti ne vorrebbero il ritorno in Florida: sua madre e sua moglie, ma Kevin crede nell’impegno e nel lavoro, che difende anche dalle possibili interferenze di colleghi e rivali. La vicenda prosegue attraverso l’utilizzo di entità sovrannaturali.
Demoni, violenze ed il colpo di scena: Milton non è solo volutamente omonimo del grande autore inglese del Seicento, ma è Satana in persona. Inizia l’esposizione e l’analisi di diverse forme di peccato. La lussuria, anche incestuosa, la violenza contro se stessi, l’avidità, l’abuso dell’arbitrio da parte dell’individuo inteso come tracotanza. La vicenda ha sempre più i toni di una contrapposizione. Da un lato la visione di una fede come sottomissione ed equilibrio, dall’altro la volontà dell’uomo di reagire allo stereotipo del credente ottusamente esecutivo. L’Inferno di Dante ed il Paradiso perduto di Milton sono lo spunto verso un monologo su Dio tanto vicino alla filosofia epicurea
Anche se la prospettiva ha un riferimento monoteista, il discorso è una digressione su quanto il pensatore greco aveva enunciato. Dio osserva l’uomo dall’alto, una sorta di morboso ed indifferente guardone di cui temiamo una punizione che non arriverà mai. Nel tetrafarmaco epicureo era stato ampiamente sondato il non dover temere che i nostri comportamenti possano portare a pagare delle conseguenze volute dagli déi, entità eterne e beate.
Si noti come Epicuro non abbia mai invitato a negare la loro esistenza, quanto a dimensionarne il ruolo effettivo nel rapporto con l’umanità. Il loro risiedere negli intermundia, uno spazio intermedio tra mondi reali, non consente di parametrare il loro agire alle nostre esperienze. Per tali motivi non solo i castighi, ma anche i benefici provenienti dagli dèi non sono possibili. Tutto questo è facilmente trasferibile nel Cristianesimo. Guardare, toccare, gustare non sono che divieti extramondani, gerarchicamente concepiti dal divertito spettatore di questo impianto teologico-metafisico, impedimenti di un “padrone assenteista”. Quello che è definito come satanico, non sarebbe che una forma di umanesimo, un’attenzione alla Terra, alle radici della nostra natura ed a provare tutto quanto dimori su di essa. In tal senso, anche il finale non è che l’ultimo assaggio da provare. Lo scrupolo di coscienza di un legale pentito, Lomax, dovrebbe portarlo a fornire la mattina dopo un’intervista esclusiva al giornalista Larry.
L’accordo è raggiunto, ma il reporter altri non è che Satana, che in realtà ci sta svelando come sia la vanità e non il rimorso a portare Kevin a delle incredibili rivelazioni: più che mai il peccato preferito dell’avvocato e del diavolo.
Parerga e Paralipomena
L’indifferenza
Il Settecento è il secolo della rottura con la tradizionale visione del rapporto col divino. Atei, agnostici, razionalisti e deisti sono figure emergenti in funzione del progressivo abbandono del primato della religione, soprattutto quando diviene causa prima di ogni conflitto sociale. Questo tema è ben presente in Voltaire e nel suo Trattato sulla tolleranza. Un ordinamento amministrativo che voglia dirsi realmente civile non può che poggiare sul rispetto di ogni opinione e credo altrui. Ma tollerare, a volte vuol dire comportarsi come gli dèi nella visione di Epicuro, punto di rottura con la concezione che tollerare significhi accettare tutto di tutti, ovvero prestare attenzione massimale all’alterità. Il XX secolo ha proposto la logica che la tolleranza è sopportazione di fastidiosi atteggiamenti di individui sgradevoli. In piena Seconda Guerra mondiale, il pittore statunitense Ed Hopper denunciò nella sua vasta produzione artistica la distorta visione del concetto di tolleranza. Il suo Paese consentiva massima libertà. Questa era però confinata, segregata: tutti possono fare quello che vogliono, purché ciò che stanno mettendo in opera non sia trasparente e visibile. I suoi Nighthawks sono l’emblema di questa visione del mondo. A fronte di una coppia di giovani festosi che sta dialogando con il ragazzo di una tavola calda aperta 24/7, vi è un uomo solo e pensoso, con la sola compagnia di qualche bicchiere di superalcolico. La vetrina notturna mette al riparo l’America moralizzatrice da possibili sguardi indiscreti: a quell’ora il dolore è lecito, poiché nessuno può vederlo.
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Scheda del film

Regia
Taylor Hackford
Titolo originale
The Devil’s Advocate
Altri titoli
L’avvocato del diavolo
Durata
144 minuti
Genere
Drammatico, thriller, orrore
Data di uscita
1997
Dettagli dell’opera
Titolo
Nighthawks
Autore
Ed Hopper
Tecnica
Olio su tela
Realizzata nel
1942
Ubicazione