La banalità del male prima di Eichmann
I grandi criminali dovrebbero avere tutti modi brutali ed un aspetto da orchi. In realtà la scoperta è che appaiono come uomini comuni, ordinari e che il male che compiono è spesso da loro vissuto in modo banale, come la loro reperibilità.
Nel 1963 a poco più di quarant’anni dall’esecuzione capitale dell’omicida seriale Henri Landru, esce il film basato sulle sue vicende biografiche. Un uomo distinto, raffinato nei modi e nel vestiario, apparentemente dolce e garbato, consolatore delle vedove dei soldati francesi della Prima guerra mondiale sul fronte occidentale. La sua vicenda biografica è ben nota e questa didascalia di Claude Chabrol di quel momento che la Francia attraversava, presenta una valida aderenza al quadro storico di riferimento, comprensiva anche della volontà dell’anziano premier francese Clemenceau di distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica dalla mancata corresponsione delle indennità di guerra da parte della Germania. Meglio sarebbe stato scoprire la morbosa vita di un serial killer, come lo si chiamerebbe oggi: se il trattato di pace era stato discusso a Versailles, è anche lì che va celebrato il processo a Landru. Ma perché quest’uomo stempiato, barbuto e baffuto è la cinematografica trasposizione delle riflessioni di Hannah Arendt ed esce, guarda un po’, nello stesso anno in cui la pensatrice tedesca pubblica Eichmann a Gerusalemme: resoconto sulla banalità del male? Landru non appare un orco né somaticamente, né linguisticamente, né nel vestiario.
Anzi, è quella “persona perbene” che la Arendt descrive come una nuova specie di criminale, non giudicabile secondo le tradizionali categorie del diritto e dell’etica, capace di commettere efferati delitti plurimi proprio perché deprivato delle logiche di una morale. Landru deve risolvere i suoi problemi economici ed uccide.
Tutto molto razionale, tutto con indifferenza. Quando la polizia lo scopre e trova i resti di due cani trucidati, la risposta è lapidaria: non hanno sofferto.
I viaggi in treno di sola andata per le sue vittime, gli annunci sui quotidiani, il forno crematorio, ovvero una semplice stufa a legna della sua residenza temporanea a Gambais, l’olezzo dei cadaveri bruciati e la logica strumentale delle vittime sono stati vent’anni prima dei lager uno spaccato che la Arendt ben conosce. Landru, come farà Eichmann, si professerà sempre innocente e dichiarerà, dopo la lettura della sentenza, che il tribunale si è sbagliato.È la fine del razionalismo etico che da Socrate in poi era imperante nell’etica occidentale. Che il male non venga più da uomini turpi nell’aspetto o ignoranti è ben evidenziato in tutto il film: Landru non si scompone mai, persino prima della ghigliottina non rivela al proprio avvocato se sia stato lui ad uccidere quelle donne. Non ha vizi socialmente diffusi e riconosciuti come bere e fumare (rifiuta un ultimo liquore ed una sigaretta) e dichiara di morire con animo puro e tranquillo, sperando che i suoi carnefici abbiano, coi suoi rispetti, la stessa situazione emotiva.
Parerga e Paralipomena
Vizi pubblici, virtù private
Un autentico bestseller del Settecento è La favola delle api, poemetto satirico in chiave filosofica dell’olandese Bernard de Mandeville, estremamente critico della società borghese e libertina della sua epoca. Nel 1714, a nove anni dalla prima pubblicazione, l’opera venne ristampata con un sottotitolo che oggi è un adagio proverbiale: vizi privati e pubbliche virtù. Si possono praticare tutte le modalità di corruzione privata dell’animo, purché in un ambito strettamente riservato. L’importante è che l’opinione pubblica abbia un’idea ben precisa della profonda moralità di chi governa quando questi si presenta in ambito istituzionale. Tra le forme profonde di ribaltamento dell’etica che il Nazismo ha fatto conoscere nel XX secolo, vi è anche la percezione che questo paradigma sia stato stravolto. Hitler era astemio, monogamo, non aveva mai fumato e non eccedeva mai nei pasti, rifiutando anche spesso la carne di maiale cucinata in tutte le modalità possibili, il piatto forte della cucina tedesca. Un uomo privatamente integerrimo. In pubblico, alla luce della perdita di ogni forma di attenzione alla vita, non si è mai fatto scrupoli di dichiarare la volontà di muovere guerra o di sterminare milioni di individui, ordinando di agire in modo rapido e senza troppi fronzoli. Cosa amava di più il nazista medio? I paesaggi incontaminati, magari quelli nei quali poteva recarsi con la propria famiglia o che era libero di contemplare in un silenzio quasi mistico. Il misterioso Banksy, volle rivisitare un quadro che aveva pagato solo cinquanta dollari in un negozio lungo la ventitreesima strada di New York. In modo provocatorio ne ripristinò i colori e nel 2013 vi inserì un soldato nazista. Il titolo? La banalità della banalità del male: l’attacco era non solo alla presunta natura mite di efferati assassini ma, oltre la Arendt, anche ai luoghi miti e privati in cui immergersi nella natura a fronte di quelli sanguinosi e pubblici fatti di cemento armato.
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Scheda del film

Regia
Claude Chabrol
Titolo originale
Landru
Durata
115 minuti
Genere
Biografico, drammatico
Data di uscita
1963
Dettagli dell’opera
Titolo
La banalità della banalità del male
Autore
Banksy
Tecnica
Olio su tela
Realizzata nel
2013
Ubicazione