Dal Vangelo all’etica kantiana
Replicare al male ricevuto rendendo del bene. Un implicito comandamento cristiano legato alla fenomenologia del perdono, ma anche l’innato senso di compassione e pietà che l’autonomia della morale kantiana propone da oltre duecento anni.
Primi anni del nuovo millennio. L’Occidente deve confrontarsi con un’altra capitale orientale sempre più simile ad una megalopoli americana: Seoul. Qui le ragazzine giocano a fare le donne. Hanno i primi telefoni cellulari che consentono di scattare fotografie e d’inviarle attraverso il web. Si rimpinzano di cibi ipercalorici e sognano un viaggio in Europa.
Due di queste adolescenti hanno una complicità estrema, che le porta ad uno sperimentalismo totale, al punto tale da immaginare che tutto vada provato e tentato per ottenere qualcosa: in fondo la loro giovanissima età le consentirà di avere il tempo (eventualmente) di redimersi. Il progetto di Jea-Young e di Yeo-Lin è ora semplice: saranno rispettivamente baby prostituta e manager in una segreta partnership per racimolare soldi. Yeo-Lin ha anche l’impegno di un’attenta rendicontazione dei profitti e di avvisare tempestivamente la propria socia se la polizia dovesse intromettersi nell’attività di meretricio.
Sin dalle prime battute del film di Ki Duk si comprende che il tema è quello della ricerca di un’etica in ogni contesto: un messaggio morale universale. Jea-Young confessa di amare uno dei suoi clienti e Yeo-Lin le chiede come sia possibile tutto questo, solo dopo un’ora d’amore clandestino vissuto insieme a quell’uomo. Non si sa se per sfuggire ad una retata delle forze dell’ordine o per un voluto suicidio, ma il peggio sta per accadere. Jea-Young fa un volo dalla finestra dell’hotel ad ore dove incontrava i suoi clienti. Non ci sarà la possibilità di salvarla: di lì in poi, Yeo-Lin comincia a fingere di essere la propria amica, ricontatta tutti i clienti ed offre loro gratuitamente ciò che avevano in precedenza pagato.
La trama della pellicola è poi dirottata verso il padre di Yeo-Lin, vedovo e graduato della polizia che scopre quanto messo in atto dalla figlia e scatena una sequela di atti violenti che passano dalle minacce, all’istigazione al suicidio di un perverso cliente e padre di famiglia, sino ad un omicidio di cui è autore diretto. Ora quest’uomo non può che consegnare come eredità alla figlia la vita stessa. Passerà tanti anni in carcere: i suoi stessi colleghi lo stanno arrestando. Dov’è possibile intravedere le analisi culturali dell’etica evangelica e kantiana nella samaritana? La ripresa delle parabole del buon samaritano e della samaritana sono una scelta voluta dal regista per alludere ad un orizzonte etico. Lo stesso Kant aveva sostenuto che, tra gli impianti morali che lo hanno preceduto, quello evangelico è il più vicino alla sua idea di autonomia della morale pur se mosso da un’eteronomia etica di fondo. In sostanza il soggetto morale non dovrebbe avere condizionamenti né comandamenti nel suo agire. Kant dicendo questo, non fa altro che trasferire nel proprio linguaggio filosofico il principio evangelico secondo cui non è morale solo ciò che si fa, ma l’intenzione con cui lo si fa. Un’azione è totalmente accettabile in ambito morale solo se le intenzioni e gli atti coincidono in un’ottica di bene e di attenzione verso il prossimo. Fondamentale, allora, è il tema della restituzione, tanto caro alla Samaria-Yeo-Lin di Kim Ki Duk. Questa ragazza vuole restituire del bene sia alla defunta Jea-Young-Vasumitra che ai suoi clienti. Lo stesso è quanto fanno i protagonisti delle due parabole evangeliche che rendono bene a chi ha fatto del male a loro o al loro popolo. Si potrebbe restituire male al bene ricevuto, ma è quello che l’etica cristiana e quella kantiana non accettano. Il nome Vasumitra è ispirato alla leggenda dell’omonima donna indiana che dispensava l’amore fisico come atto di compassione verso gli uomini, per risvegliare in essi la tensione religiosa verso il buddismo. Il risveglio di una tensione morale è alla base del kantismo: che ci piaccia o no, anche se preferiremmo astenerci da una valutazione morale, un episodio in cui ci imbattiamo fortuitamente ci coinvolge, anche se restiamo indifferenti, come il sacerdote ed il levita che passano davanti al giudeo ferito nella parabola del buon samaritano. La morale nell’uomo è un senso innato che va ridestato: è proprio la compassione l’esito primo di quella ricerca di un minimo comune denominatore morale che Kant ricerca e che è in ciascuno di noi. La “cattiva strada” di chi non riconosce l’etica kantiana è presente in uno dei clienti prima di Vasumitra e poi di Samaria. Questi preferisce, per dirla alla Kant, la felicità alla virtù esclamando “chi se ne importa della morale! Con te ora e con lei prima sono felice!”.
Carenze di una corretta applicazione della morale kantiana e di un’etica del perdono sono presenti attraverso varie figure descritte nel film. Si pensi al padre, che non si perdona la dipartita della moglie, che racconta storielle edificanti alla figlia occultandole la verità, che non le perdona le relazioni coi suoi perversi clienti, massacrandoli di botte. La stessa Vasumitra non perdona i propri atti e come altre figure del film, decide di togliersi la vita. L’autonomia della morale kantiana trova un simbolico compimento nell’ultimo “dono” del padre di Samaria: insegnarle a guidare, prima tracciandole un percorso e poi lasciandola da sola al volante. Abbandonarla per andare in carcere non è un atto vile, ma è la kantiana dimostrazione dell’autonomia della morale del soggetto, ora sì libero. L’incipit di questo cammino parte sin dagli inizi del film. Samaria cammina da sola nel parco, ma non riesce ancora a staccarsi dal padre, richiamo alle morali eteronome che sono presenti sottoforma di statue simboleggianti la famiglia.
PARERGA E PARALIPOMENA
La restituzione
Rendere totalmente qualcosa in senso tangibile o intangibile è impossibile. Non si può risarcire in pieno un uomo ingiustamente condannato al carcere e restituirgli il tempo che ha trascorso in regime di detenzione da innocente. Non si può rendere la felicità, la gioia, neanche un secondo di vita. Nemmeno la restituzione del denaro soddisfa a pieno un creditore: solleciti, tensioni, vane attese hanno dissipato il piacere di vedere che una promessa è stata mantenuta, anche se in ritardo. Più che mai la restituzione assume toni grotteschi quando si parla del sapere. Decine di scrittori si sono confrontati sulla bizzarra abitudine di noi esseri umani relativamente al mondo dei libri. Vi sarà senz’altro capitato di prestare puntualmente uno dei vostri più cari volumi. Con la stessa puntualità la fiducia è stata mal ripagata: difficile che quel libro vi venga restituito con solerzia e magari non lo rivedrete mai. Dunque, uno degli assunti più problematici in ambito etico è regolamentare la restituzione. Il tema è noto sin dall’Antichità: nel primo libro dell’Iliade, Agamennone si rifiuta di consegnare Criseide sua schiava e preda di guerra, al padre. Occorre l’intervento di Apollo, di cui Crise è sacerdote, per ottenere con la forza quanto richiesto. La pestilenza tra i Greci è placata solo con la restituzione di Criseide. Stabilire come risarcire un avente di diritto per una mancata restituzione è estremamente problematico soprattutto in termini artistici. Cosa succede quando ci viene rubata una buona idea? Come faranno i contemporanei a chiedere indietro statue, metope, quadri, templi trafugati nei secoli precedenti durante guerre e predazioni? La risposta è troppo complessa e non ha interessato nella maggior parte dei casi la collettività, nonostante il patrimonio culturale di un popolo ne rappresenti l’identità. Un caso può essere però citato: il Ritratto di Adele Bloch-Bauer I. Trafugato dai Nazisti, venne recuperato solo dopo vari decenni dalla nipote di Adele Bloch-Bauer, Maria Altmann che solo nel 2006 venne designata come legittima proprietaria dell’opera, di lì a qualche settimana venduta dalla Christie’s per trecento milioni di dollari. Non appena la notizia fu di pubblico dominio, in tutta Vienna venne fieramente esposto un manifesto con il quadro di Klimt e solo due parole: ciao Adele.
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Scheda del film
Regia
Kim Ki-Duk
Titolo originale
Samaria
Altri titoli
La samaritana
Durata
95 minuti
Genere
Drammatico
Data di uscita
2004
Dettagli dell’opera
Titolo
Ritratto di Adele Bloch-Bauer I
Autore
Gustav Klimt
Tecnica
Olio su tela
Realizzata nel
1907
Ubicazione