Lombroso, delinquenti si diventa o… si nasce?
Azioni malvage, eventi che appaiono inspiegabili portati avanti con ferocia e cattiveria. La loro origine non è sempre chiara.
Joker ha voluto raccontare in modo alternativo la genesi di un criminale psicopatico che il mondo del cinema aveva già descritto più volte.
Per gran parte della narrazione scopriamo che il protagonista, Arthur Fleck, non è ancora il futuro Joker, se non per la necessità professionale di far ridere un mondo che lo calpesta e malmena.
Una vittima della vita stessa, ma che ha di suo un’evidente ed innata psicopatologia, che viene curata psichiatricamente con farmaci e brevi sedute mediche, dalle quali emerge un uomo triste e nato malato. Arthur ha una madre affettuosa, ma è anch’ella fisicamente minata ed allettata: prendersene cura diventa una sorta di missione redentiva.
Se tutto fosse così lineare, la scelta d’impugnare la pistola per diventare un pluriomicida sarebbe da attribuire alla sua stessa natura. Arthur scopre man mano che la sua alienazione sociale e la triste esistenza che lo caratterizza, non sono originate dal suo essere “sbagliato”. È la madre ad avergli mentito, a non avergli confessato di essere stato adottato e che il suo disturbo raro, che lo porta ad irrefrenabili risate, è originato dalle vessazioni del suo padre putativo. Da qui gli omicidi di tutti quelli che occasionalmente o in modo continuativo lo hanno trattato male, ritenuti i responsabili di un dolore che non merita. Muoiono per mano del pagliaccio dai capelli verdi colleghi malvagi, passeggeri irriverenti dello stesso vagone in metropolitana, Murray Franklin, cinico conduttore del suo talent e talk show preferito e probabilmente anche la stessa psichiatra che lo aveva in cura, come si vede nel finale.
Tutti si sono giustamente concentrati su analogie e differenze tra questa pellicola e le precedenti, soprattutto in termini comparativi tra un grande protagonista ed attori che non di meno avevano mostrato doti altrettanto notevoli guidati da differenti registi. Ma il tema filosofico di Joker è un altro e tenta di fornire la propria visione di un annoso problema: il criminale nasce o diviene tale?
Nella viva tradizione positivistica europea, Cesare Lombroso propone una tesi che non sembra lasciar dubbio e non solleva affatto alcun dilemma. Salvo rivedere parzialmente le proprie teorie filosofiche sui delitti, il termine lombrosiano diventa sinonimo di associazione alle caratteristiche somatiche degli umani, da cui si può dedurre con certezza quasi assoluta l’attitudine a compiere il male. L’emblema dell’atteggiamento lombrosiano nel delineare i vari tipi di criminale è delineabile nella straordinaria esposizione di strumenti di misurazione antropometrica presenti nel museo dedicato allo studioso ed ospitato a Torino dove insegnava. Qui vi sono anche decine di teschi, manufatti di detenuti, calchi di cera dei volti post mortem di rei morti in carcere.
Non di meno, la meno nota ma più incisiva visione filosofica di Lombroso del delitto è spiegata nella sua dottrina denominata “atavismo” e nella “fossetta di Villella”, una sporgenza cranica presente tra i due emisferi, che sarebbe la riprova di come si nasca sanguinari, proprio come il brigante Villella che ne è il più noto campione rappresentativo.
A conferma di tale teoria, anche le piante carnivore e gli uomini primitivi sono dotati della stessa sporgenza, un piccolo rigonfiamento. Esistono perciò il delinquente pazzo, quello nato violento, quello passionale, quello occasionale ed abituale, tutti con una relativa responsabilità etica. Cercare nella pena il recupero sociale è inutile: per tali persone la punizione è inefficace e la redenzione è impossibile. Tuttora nel test del Dna e nelle impronte digitali sopravvive, in quella che lo stesso Lombroso chiamò per primo “polizia scientifica”, un atteggiamento alla ricerca di prove oggettive di un delitto.
Parerga e Paralipomena
L’elogio del coltello
Uccidere come atto di follia. Togliere la vita in un gesto sconsiderato vuol dire commettere un errore del quale il sistema giuridico deve prendere atto, per cercare di trovare una possibile redenzione nella pena del futuro detenuto. Una suggestiva interpretazione dei motivi che portano ogni uomo a diventare un pluriomicida è offerta nella Genealogia della morale. Nietzsche sostiene che chi uccide non lo fa per uno scopo ben preciso, se non per un riscatto redentivo personale. Proprio perché amante di Dostoevskij, ritiene che il carcere non fa che peggiorare eticamente le persone e che chi ammazza è animato da un “elogio del coltello”, da una gratificazione nel versare sangue umano che è una temporanea redenzione col male ad un male che il mondo gli ha fatto in passato. Dunque è assolutamente inutile utilizzare le tradizionali categorie della morale per l’omicidio: colpa, pena, delitto, redenzione, carcerazione ed addirittura espressioni etiche che partono dal mondo antico come la tortura e la pena di morte non servono a nulla. Tra le opere meno note di Edvard Munch colpisce un piccolo quadro ad olio dal titolo Ospiti indesiderati. I convenevoli non piacevano al pittore norvegese. I suoi veri amici non lo hanno mai celebrato in vita e lo hanno sempre attirato o illustri colleghi come Van Gogh o lo stesso Nietzsche tra i filosofi. Di entrambi esistono pregevoli ritratti ad opera di Munch, che li avrebbe senz’altro invitati a cena. Ai due indesiderati e malcapitati visitatori del suo quadro forse resterà poco da vivere, ma sono simbolicamente degli uomini che lo deridevano mentre stava soffrendo o che lo giudicano male per qualche bicchiere bevuto in più. Il salto dall’elogio del coltello a quello dell’arma da fuoco è breve.
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Scheda del film
Regia
Todd Phillips
Titolo originale
Joker
Durata
118 minuti
Genere
Azione, poliziesco, avventura
Data di uscita
3 Ottobre 2019
Dettagli dell’opera
Titolo
Ospiti indesiderati
Autore
Edvard Munch
Tecnica
Olio su tela
Realizzata nel
1909
Ubicazione