L’Aufhebung
Conciliare istanze e punti di vista opposti è una delle più grandi ambizioni che l’uomo coltiva. Una possibilità per la realizzazione di questa difficile mediazione è tener conto che superare un concetto, non significa dimenticarlo.
Anni Sessanta. Roma a Ferragosto è da sempre una città deserta. Bruno s’imbatte in Roberto. Nonostante i due non si conoscano affatto, cominciano un viaggio verso nord.
Mentre percorrono la via Aurelia, sull’auto di Bruno che porta lo stesso nome di quella strada, i compagni di viaggio scoprono di essere molto differenti tra loro. Roberto è uno studente di legge al quarto anno. Si propone come silenzioso, metodico e operoso. Si era chiuso in casa in vista della sessione d’esami di settembre. Bruno è logorroico, ama la vita e non programma nulla, scherza, racconta, improvvisa e talvolta millanta. Al volante mette in campo tutto il suo repertorio. Urla, ride, adopera il mangiadischi, fa gestacci, suona le trombe bitonali del clacson ed esibisce un pass della Camera dei Deputati in bella vista.
La causa di una gran dose di spaventi in Roberto, è lo stile di guida di Bruno, che adora la velocità, i sorpassi azzardati e prendere in giro tutti quelli che supera col suo potente veicolo.
Tra questi due personaggi, tanto diversi, sembra non esservi possibilità di una mediazione. La filosofia hegeliana ha una soluzione a questo problema. Hegel non scrisse mai un’opera dedicata alla sua innovativa struttura logica, alla sua dialettica. Per descriverne le caratteristiche si servì di numerose analisi e di un termine chiave: Aufhebung. Questa parola tedesca si presta a numerose traduzioni, ma concettualmente significa “andare oltre e conservare allo stesso tempo”. La precisazione offerta da Hegel è che non si doveva considerare il superamento in una dimensione fisica, ma logica. Un atleta che sopravanza i suoi avversari nella corsa, un ciclista e un automobilista si lasciano dietro tutti in un sorpasso, vanno oltre senza tener conto di coloro hanno superato. Invece nel continuo e progressivo movimento della dialettica hegeliana, la consapevolezza di ciò che è precedente ed opposto integra e rinnova progressivamente il sapere. Così, Bruno si apre alla vita familiare di Roberto, ai suoi studi, ai suoi pensieri sul mondo. Allo stesso modo, Roberto scopre il piacere dei balli, delle feste, delle belle ragazze e di una zuppa di pesce consumata in modo imprevisto a Civitavecchia. Il più emblematico spunto della struttura logica della filosofia di Hegel presente nel film, emerge da un dialogo tra Roberto e Bruno.
L’analisi comincia non appena i due compagni di viaggio hanno lasciato la villa dei parenti di Roberto. Hanno scoperto tresche ed altarini che il giovane studente romano non immaginava.
Si parla di come l’infanzia non sia la più bella età della vita, perché da adulti, se ne possiede una visione distorta ed edulcorata. I nostri viaggiatori s’imbattono in una festa. Bruno fa notare in modo divertito le caratteristiche di tutti quelli che ballano. Non mancano una pittoresca “burina” e dei goffi ed occhialuti turisti. Bruno sostiene un assunto che sarebbe piaciuto molto ad Hegel. La migliore età non esiste. Essa coincide con ogni momento che viviamo, con gli anni che abbiamo raggiunto giorno per giorno. La vita, pertanto, va apprezzata nella sua interezza e compiutezza. Hegel soleva dire “il vero è l’intero”, a testimoniare che, come in una circonferenza dove nessun punto è più importante degli altri o segna l’inizio o la fine di un percorso, tutto il suo impianto logico andava interamente considerato.
PARERGA E PARALIPOMENA
Il clacson
Chi ha visto Il sorpasso è stato senz’altro colpito dal clacson della Lancia Aurelia guidata da Bruno Cortona. La sonorità dell’avvisatore acustico viaggia in parallelo con tutta la storia narrata nel film, al punto tale da passare dall’essere un motivo di rampante richiesta di spazio stradale ad annuncio macabro di una morte di cui nessuno aveva presagio. In effetti, accanto all’accelerazione tecnologica dell’automobile, il clacson è da sempre uno strumento che designa il livello di civiltà di chi lo utilizza. Si può strombazzare per fare festa come stonare i presenti, mettere in guardia un avventato passante, come aggredire acusticamente un altro automobilista che non si sposta dalla corsia di sorpasso. Ma quando un guidatore padroneggia il suo mezzo, il clacson è anche uno strumento per poter salutare. A Trieste si suole ritenere che porti fortuna dare tre colpi di clacson all’interno di una galleria naturale lungo la strada costiera. A Siracusa, chi non emette dal proprio volante i tre colpi di segnalatore acustico non omaggia tre morti, deceduti violentemente, che sarebbero ancora presenti in una villa infestata dai fantasmi. Ma è il Futurismo che ha culturalmente fissato in modo indissolubile il binomio tra clacson ed automobile. Nel 1933, Filippo Tommaso Marinetti indirizza un messaggio agli studenti greci, dove offre un confronto tra le vestigia dell’Ellade e l’automobile, con queste parole: sotto rumoreggia una vita veloce di clacson, di ruote vincolate, di scalpiccii, il vecchio borbottone vulcanico. Un’automobile ruggente, che sembra correre sulla mitraglia, è più bella della Vittoria di Samotracia.
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Scheda del film
Regia
Dino Risi
Titolo originale
Il sorpasso
Durata
108 minuti
Genere
Commedia, drammatico
Data di uscita
1962
Dettagli dell’opera
Titolo
Velocità di automobile
Autore
Giacomo Balla
Tecnica
Olio su tela
Realizzata nel
1913
Ubicazione