Il governo della timocrazia in Platone
Il codice d’onore è alla base della deformazione dell’agire politico. La trappola più grande che risiede nella sua rigida applicazione è la percezione di operare in modo corretto e coerente a dei valori superiori che le leggi ordinarie non hanno saputo introiettare.
Bastiano è un ragazzo sordomuto che vive un isolamento dettato non solo dalla sua problematica sensoriale, ma dalla considerazione che si ha di questa difficoltà in pieno XIX secolo. La sua terra è la Sardegna, parte dei domini del Regno sabaudo dove si vive un profondo dualismo. Da un lato le leggi del governo piemontese con le sue istituzioni e la lingua italiana, dall’altro le relazioni sociali, gestite da un antico codice d’onore ed un sistema di comunicazione quasi totalmente orale ed in lingua sarda. I suoi familiari iniziano una faida fatta non solo di minacce e di gestualità di consolidato disprezzo, ma anche di colpi di fucile, al punto tale da produrre negli anni ben settanta morti nella comunità gallurese.
Ma cosa regolamenta le azioni di questi uomini? Platone definiva questa forma di governo timocrazia, il potere che si basa sull’onore. In esso, il rispetto deriva da una comunità di guerrieri, che si occupano solo di azioni legate alla forza e che vede nei sapienti ed in coloro i quali vogliono operare per la pace, degli elementi negativi, da guardare con sospetto. Non a caso, le vicende del film evidenziano come sia l’esercito sabaudo che il sacerdote locale siano visti esattamente come delle interferenze in questo sistema di rapporti. Stato e Chiesa sono incapaci di comprendere cosa sia l’onore e chiamano violenza tutto quello che in realtà è giusto fare.
Emblematico è il momento della prima di una lunga serie di morti. In una camera illuminata dalle candele, stanno per essere segnati dall’olio santo gli ultimi conforti religiosi conferiti ad un moribondo. La richiesta del prete è quella del perdono dei nemici come condizione di accesso al Paradiso, ma mentre l’uomo acconsente, subito dopo rammenta alle persone presenti al suo capezzale di ricordare che è stato ucciso e di vendicarlo. “Se non potete dare la vita ai morti, potete dare la morte ai vivi”, questo sarà da quel momento il motto che porterà Bastiano a mettere a frutto la sua più grande dote.
Sin da piccolo, il suo handicap lo aveva portato ad essere paragonato al demonio. Ora le sue difficoltà non contano nulla, perché nemmeno i rudimentali fucili ad avancarica di quell’epoca storica lo ostacolano nella sua missione. La sua mira è eccezionale: centra chiunque tra gli occhi con un solo colpo e non lo ferma nemmeno la prospettiva di darsi alla macchia e di uccidere donne e bambini. Platone definisce questo aspetto come il predominio di un “sentimento irascibile ed animoso” che poggia esclusivamente sulla volontà di garantire una buona reputazione esteriore e che rifugge ogni reale possibilità di relazione sociale.
Questo astio perenne è davvero tale? In realtà, come accade in ogni forma politica antica, la vita privata non è coinvolta in queste riflessioni: lo stesso Platone dice che non appena l’occhio del pubblico ha voltato lo sguardo, questo atteggiamento si riduce al minimo. Ecco allora che Bastiano vive un amore segreto e ricambiato per la bella Gavina.
Tuttavia quando viene scoperta, questa relazione è osteggiata profondamente dalla famiglia della ragazza, che non può accettare questo rapporto, al punto tale da consentire la possibile morte del capofamiglia pur di non perdere la parvenza di pubbliche virtù della propria figlia.
PARERGA E PARALIPOMENA
Eroe o codardo?
La polvere da sparo non venne accolta positivamente sui campi di battaglia ai suoi albori. Ritenuta l’arma dei vigliacchi, che rifuggivano il corpo a corpo e la nobile tradizione dell’arma bianca, era oggetto di un utilizzo misurato, sia a causa dei suoi elevati costi che della scarsa affidabilità e precisione dei primi cannoni ed archibugi. Come è ben noto, fu soprattutto la Prima Guerra mondiale a reclutare dei militari che avessero una mira infallibile, per colpire in modo chirurgico ed implacabile i nemici che si sporgevano dalle trincee, forti anche dei primi fucili che avessero la possibilità di esplodere proiettili da lunghe distanze grazie all’utilizzo di mirini. Anche in questo caso, breve o lunga, precisa o approssimativa che fosse la gittata, questa nuova modalità di combattimento non venne ben accolta. Non a caso, i soldati italiani definirono “cecchini” quei nemici codardi che di mimetizzavano tra rocce e fronde. Il motivo va attribuito alla figura di Francesco Giuseppe, odiatissimo e longevo imperatore austriaco che veniva nominato per l’appunto con l’appellativo di Cecco Beppe, da cui il termine dispregiativo di cecchino, inteso come sodale di un monarca vecchio, malvagio, spietato e sleale. Passano pochi decenni ed i tiratori scelti diventano, invece, eroi, siano essi coloro i quali resistono alla poderosa invasione di Stalin della Finlandia o che lottano nella città che prendeva il suo nome in piena Operazione Barbarossa. Tedeschi o sovietici che fossero, i teleobiettivi sporgevano dai grandi palazzi disabitati in duelli a centinaia di metri, che poggiavano su di un nuovo codice d’onore. Su quanto il cinema abbia esaltato o annichilito i cecchini c’è una vasta letteratura, ma il messaggio più profondo viene dal misterioso e suggestivo bagaglio delle rappresentazioni di Banksy. Nel suo ciclo di lavori di quella che viene definita Guerrilla Art, l’artista londinese non poteva escludere anche la figura di uno sniper, stavolta accompagnato da un’immagine satirica alle sue spalle: un ragazzo che in modo irriverente sta per far esplodere un sacchetto di carta. Basterà a disturbarne il progetto di un’implacabile killer?
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Scheda del film
Regia
Matteo Fresi
Titolo originale
Il muto di Gallura
Durata
103
Genere
Drammatico
Data di uscita
2021
Dettagli dell’opera
Titolo
Sniper and Boy
Autore
Banksy
Tecnica
Graffito con tecnica stencil
Realizzata nel
2007
Ubicazione