Il gladiatore: la catabasi
Gli inferi sono una situazione di eterno dolore oltremondano. Tuttavia, la nostra esistenza può riservarci delle situazioni di totale ribaltamento prospettico dei nostri vissuti, passando dalla gloria alla miseria. L’auspicio è che tutti coloro che scendono da vivi negli inferi, potranno riscattarsi e risalire
Massimo Decimo Meridio è un valoroso generale e stratega. Non è soltanto un audace combattente: è stimato e rispettato dai propri soldati e da Marco Aurelio per la sua lealtà e per interpretare a pieno i mores maiorum. L’imperatore vorrebbe addirittura affidargli la successione al potere di Roma, con l’intento di ripristinare la forma di governo repubblicana.
Purtroppo le cose andranno diversamente. Marco Aurelio viene soffocato dal figlio Commodo, non appena questa decisione gli viene comunicata. L’oramai ex comandante dovrà essere giustiziato e la sua famiglia sarà atrocemente uccisa. Grazie ad uno stratagemma ed alla sua abilità con la spada, Massimo riesce a fuggire e giunge dopo un lungo viaggio da sua moglie e suo figlio. Purtroppo scopre il piano di Commodo. Sono stati assassinati. Lo strazio nel dover constatare che i due corpi sono stati inchiodati e bruciati è enorme.
Il mondo antico sa ben interpretare lo sgomento in cui quest’uomo si trova: è una catabasi. Letteralmente, si tratta del viaggio temporaneo di un vivente verso l’Ade, per poi tornare nel nostro mondo. Accade ad Ulisse nell’XI libro dell’Odissea, ad Eracle nella sua dodicesima fatica, ad Orfeo con Euridice, a Teseo e ad Enea. Questa rappresentazione non va presa esclusivamente in modo letterale e non è una semplice narrazione mitologica. Si tratta di un’esperienza che tutti coloro i quali sono passati da una situazione di agio, fama e potere ad una di povertà, solitudine e negatività hanno esperito. Ad esempio, anche un individuo sano e forte, che si scopre all’improvviso gravemente ammalato, vive un’improvvisa catabasi. Tutte queste persone, possono vedere nella vicenda di Massimo Decimo Meridio un’opportunità di redenzione. L’unico intento del grande generale caduto in disgrazia è quello di ricongiungersi coi propri familiari nel Campi Elisi. Questo, come più volte è accennato nel film, non può che avvenire a tempo debito e richiede pazienza e dedizione ad un compito: spodestare Commodo.
Tutto il resto, come affermerà anche Proximo, un ex gladiatore affrancatosi ed ora addestratore e scout di combattenti, non è che ombre, vento e polvere, proprio uno scenario tipico dell’Ade su questa terra. Bisognerà affrontare la schiavitù, combattere come gladiatore, diventare involontariamente popolare senza mai tradire la propria etica, senza uccidere chi è palesemente soccombente, anche se si chiama Tigris delle Gallie, l’imbattibile star del Colosseo, che è stato domato solo da Massimo nell’arena. L’occasione? Un duello finale contro Commodo. Non sarà la sete di vendetta a dare forza a Massimo ma l’opportunità per ricongiungersi con moglie e figlio, per terminare la propria catabasi e stanziarsi definitivamente con loro nell’Oltremondo. La guida morale di Marco Aurelio e il suo esempio non sono stati dimenticati. Massimo lo cita mentre è imprigionato nel piano ipogeo dell’Anfiteatro Flavio. Lo svantaggio che avrà nel combattimento finale che lo attende a breve è enorme. Alle privazioni di un’ingiusta prigionia, si aggiungerà il dolore fisico di una ferita a tradimento che Commodo gli infliggerà mentre è in catene.
Questo lo porterà ad affrontare l’ultimo duello quasi esangue. Quinto, il suo ex luogotenente, è rammaricato: è un soldato e deve obbedire agli ordini, anche a quelli che ritiene ingiusti. Massimo replica con una frase tratta dai Pensieri di Marco Aurelio: a nessuno accade nulla che non sia adatto per natura a sopportare. La catabasi è davvero al termine. Dopo aver valorosamente lottato, sconfigge Commodo. Il suo spirito lo sta abbandonando. Vede in lontananza i Campi Elisi, gli steli di grano, sua moglie e suo figlio. Il viaggio della sua vita terrena è finito.
PARERGA E PARALIPOMENA
L’inferno come pena o come occasione?
Montale e Pavese, grandi letterati del XX secolo italiani. Appartiene a loro una diversa visione del fatto che gli inferi non sono una situazione successiva alla morte del corpo. Anzitutto il paradigma è la temporalità rispetto alla quale si vive la pena. Secondo Montale, la situazione del dolore è una componente di questa vita. Lo strazio per il disagio della relazione coi nostri simili, implica un necessario misantropismo. Gli altri ci fanno soffrire. L’inferno si sconta su questa terra, una situazione già illustrata da Schopenhauer che riteneva come la visione dell’aldilà offerta da Dante fosse sicuramente lucida. Tuttavia, le pene inflitte ai dannati provengono da questo mondo e non da quello in cui si è forzosamente condotti dai diavoli. In questo senso, l’Inferno è semplicemente una serie di pene alle quali dobbiamo cercare, con l’amore e con la nostra vena creativa, di porre un temporaneo lenimento. Ben diversa è la valutazione di Cesare Pavese. Di certo, come Montale, la sua rappresentazione della realtà non è sicuramente rosea. L’Inferno è una situazione esperibile in vita, ma necessaria, imprescindibile per poter dare spazio al cambiamento, ad una nuova rotta verso la quale dirigersi a seguito delle novità che sono rappresentate dagli inevitabili sconvolgimenti che si verificano nel corso degli anni. Scendere negli inferi non è una situazione collettiva, ma individuale. C’è un proprio Inferno che è il destino di ciascuno di noi, anche più volte nell’ambito di un’intera vita, anche col rischio, come accadrà per lo stesso Pavese, di una mancata redenzione che giunge addirittura al suicidio. Questo Inferno non spaventa più o meglio, non è una dimensione fantastica: è la presa di consapevolezza del reale. Il mosaico che Coppo di Marcovaldo realizza per rappresentare l’Inferno all’interno del Battistero di San Giovanni a Firenze è l’esito ultimo di un Giudizio Universale che per Pavese, ancora una volta, non è appannaggio dell’universalità degli individui ma del singolo. A ciascuno la sua pena.
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Scheda del film
Regia
Ridley Scott
Titolo originale
Il gladiatore
Altri titoli
Gladiator
Durata
155 min
Genere
Azione, avventura
Data di uscita
2000
Dettagli dell’opera
Titolo
Il Giudizio Universale – L’Inferno
Autore
Coppo di Marcovaldo
Tecnica
Mosaico
Realizzata nel
1260-1270
Ubicazione