Il monopolio della forza secondo Hobbes
L’assoluta libertà consente anche di poter agire in modo violento contro il prossimo, senza doverne pagare le conseguenze. Dalla nascita dello Stato, il cittadino non ha più la possibilità di usare la forza in modo arbitrario.
Vittorio vive un’esistenza di continue passive accettazioni. Onora i suoi impegni come in un contratto col mondo. Marito fedele e devoto di Ada, in un matrimonio oramai asessuato, senza figli e col gravoso problema della malattia della moglie, che presto finirà allettata e perennemente in casa. Amico fidato e poi dipendente di Nicola, che si serve delle sue abilità di contabile, nonché della sua discrezione, per attività di evasione ed elusione fiscale. Eppure un tempo il primo prestito che aveva consentito a Nicola d’investire e di arricchirsi veniva proprio dalle tasche di Vittorio. Nessun conoscente con cui confidarsi. A scandire la sua vita il ticchettio degli orologi, passione che coltiva isolato in mansarda.
In un clima di perenne tensione in cui le grandi città come Milano sono in preda a rapine e spari, Vittorio è ferito da un colpo di pistola in un supermercato. Inizia la sua forzosa riabilitazione che lo costringe alla pratica sportiva. Mentre sta per subire l’ingiusta aggressione di un karateka accidentalmente cadutogli addosso in palestra, il nostro ragioniere verrà difeso da Sauro, poliziotto e tutore dell’ordine anche quando è in borghese e si allena. Tra i due nascerà una sincera amicizia che culminerà anche nella condivisione di un nuovo hobby: il tiro a segno sportivo. Vittorio scopre di essere un talento naturale al poligono ed ora non parla d’altro che di balistica e modelli di revolver: gli orologi sono solo un ricordo.
Prende il porto d’armi ed acquista con una spesa impegnativa anche una pistola, ma due giovani balordi gliela rubano non appena è uscito dal negozio d’armi, deridendolo per il fatto che uno come lui non saprebbe cosa farsene. Sauro è oramai come un fratello: il pranzo della domenica è dedicato a lui ed alla conoscenza di Ada, che si sente un po’ in disparte. Teme che quest’uomo sia l’ennesima delusione e non ne fa mistero. Non di meno guarda con sospetto quel regalo che tanto piace a Vittorio: una nuova e costosa pistola, un gesto di fratellanza costoso e gradito dal marito.
La linearità e lo zelo di Vittorio sono agli sgoccioli. Una serata piacevole si trasforma in tragedia. Sauro ha notato un noto ricercato, lo Slavo, con dei membri della sua banda e delle avvenenti signorine al tavolo della pizzeria dove sono appena entrati. Invita Vittorio a chiamare la polizia da un telefono a gettoni mentre lui si avvicinerà per arrestare il pericoloso criminale. Due colpi a bruciapelo freddano Sauro. Il tempo si cristallizza per qualche istante finché anche Vittorio non estrae la sua pistola. Con la sua eccezionale mira centra il collo dello Slavo in fuga. Al dolore per la scomparsa di Sauro si aggiunge la popolarità mediatica e la paura delle ritorsioni, minacciate da telefonate e da messaggi anonimi. Ma ora Vittorio ha deciso di violare una regola nota dello Stato, sin dalla sua fondazione: il monopolio della violenza. Prima delle riflessioni dei grandi politologi della modernità, si poteva girare armati e fare del male, talvolta anche godendo di un’assoluta impunità, specie se si apparteneva a determinati ceti sociali. Secondo Hobbes la natura dell’uomo è cattiva e tendente alla propria sopravvivenza personale, anche a costo della morte dei propri simili. Tuttavia la scelta di abbandonare una situazione di conflitto perenne e d’impunità assoluta che viene definita “stato di natura” è dovuta al fatto che un giorno qualcun altro potrebbe ucciderci o fare del male ai nostri cari. Meglio allora limitare la violenza delegando l’uso della forza allo Stato, all’artificiale visione della politica che è descritta nel suo celeberrimo Leviatano. Un sistema di leggi, di polizia, di punizione per i trasgressori del diritto è da preferirsi ad un perpetuo dover uccidere e difendersi allo stesso tempo dal prossimo. Vittorio ha scelto di rompere questo esplicito accordo con lo Stato e con l’intero mondo. Combatterà da solo, rintanandosi con la moglie in casa. Coglierà al volo l’occasione di farsi giustizia ferendo e gambizzando con dei proiettili modificati i tre membri della gang dello Slavo che lo inseguono, mentre con un ciclomotore ha preso delle medicine per Ada in una farmacia notturna.
Finirà in galera, ma poi sarà rilasciato poco dopo. Visto che oramai ogni forma di giuramento è stata violata, forse anche insidiare la bella e bigotta moglie di Nicola potrebbe essere un’ottima idea. Ma l’avvenente signora ha lanciato una finta provocazione mentre è in onda un servizio che parla proprio di lui: il ragioniere con la pistola. Ada ha i giorni contati. Tanto vale anche cedere all’ultimo tabù: la fedeltà fisica. Piomba tra le sue mura domestiche Patrizia, la viziatissima figlia di Nicola, che ormai lo sta sempre più sfruttando e mettendo da parte. La ragazza ha l’obiettivo di sedurlo per eludere la sorveglianza dei gorilla e per fare un dispetto al padre. Ci riuscirà ed Ada, incredula, si alzerà dal letto udendo uno strano ansimare e scoprendo l’accaduto. Quando Nicola telefona a casa di Vittorio e lo informa che è furente perché sa tutto quello che è successo, la scelta è obbligata. Continuare a violare l’imperativo del monopolio della violenza hobbesiano è oramai l’unica mossa da fare.
Mentre ha indossato giacca e cravatta ed ha anche messo la fondina ascellare, Vittorio è mortalmente ferito da Ada che ha sotto le coperte una pistola di piccolo calibro. Morire con un’arma di scarsa qualità, l’ultima amara considerazione che Vittorio proferisce alla disperata moglie che voleva tenerlo lontano dai guai.
PARERGA E PARALIPOMENA
Giocare per forza
Quando un gioco viene scelto da un bambino, questo non può che risultare innocuo. I piccoli si divertono anche a fare la guerra, a simulare uccisioni e violenze, sapendo che si tratta semplicemente di una rappresentazione che stanno inscenando e che tutto finirà con la stessa spontaneità con cui è iniziato. Ma che cosa accade se il gioco che il mondo dell’infanzia dovrebbe mettere in atto deriva dall’esplicita volontà degli adulti? Oltre ad essere forzosamente imposto, altro non è che un motivo di condizionamento. Gertrude, la nota monaca di Monza di manzoniana memoria, fin dai suoi primi anni era stata educata a giocare con delle bambole vestite da suora. I suoi familiari la chiamavano “madre badessa” e le inculcarono un orientamento votato a quella missione: entrare in convento. Quando nel 1905 Alfred von Schlieffen ha già preparato il piano d’invasione della Francia passando attraverso il Belgio, soluzione rapida ed aggressiva per la fine di un conflitto su quello che sarà il fronte occidentale della Prima Guerra mondiale, la Germania sta da anni distribuendo giocattoli in tema. Orsacchiotti feriti e da curare per le future infermiere, soldatini di piombo e fucili di legno dell’Impero tedesco da consegnare nelle scuole per avvicinare i prossimi volontari alla conoscenza delle azioni militari e per inculcare un odio antifrancese. Basta visitare qualsivoglia museo del giocattolo per scoprire come l’inganno, il condizionamento e la forzatura partano, talvolta, da lontano. Quando Roy Lichtenstein assiste con ribrezzo all’ondata di violenza metropolitana che sta affliggendo gli Stati Uniti, decide di rappresentare in un suo pannello artistico l’atteggiamento da duellanti che molti suoi connazionali stanno mettendo in atto. In una sua intervista dichiarò che molti di loro avevano sicuramente giocato ad indiani e cow boy da piccoli. Forse qualcuno non gli aveva spiegato che un bel gioco dura poco ma che, soprattutto, con le armi si gioca solo quando si è bambini.
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Scheda del film
Regia
Giuliano Montaldo
Titolo originale
Il giocattolo
Durata
117 minuti
Genere
Drammatico
Data di uscita
1979
Dettagli dell’opera
Titolo
Fastest gun
Autore
Roy Lichtenstein
Tecnica
Offset a colori su carta
Realizzata nel
1963
Ubicazione