L’origine dei complessi secondo Freud e Jung
Le nostre difficoltà nel rapportarci col prossimo, in funzione del nostro aspetto fisico o delle nostre capacità, potrebbero essere un derivato dal fatto che sono gli altri a farci notare le nostre imperfezioni.
Il volto più noto d’Italia negli anni Sessanta era quello dell’annunciatore del telegiornale. Tutti attendevano che la televisione di Stato proponesse le notizie del giorno.
Come per ogni concorso pubblico, gli aspiranti possono partecipare in funzione dei loro titoli e degli esami da superare. Le prove sono davvero dure e non manca l’italico malcostume della raccomandazione. Il predestinato vincitore? Francesco Martello, un uomo di bella presenza e fidanzato con la popolare e bella attrice Gaia Germani. Ma tra i candidati c’è un geniale concorrente: Guglielmo Bertone. Non solo la scontata rima baciata, ma anche un’enorme e vistosa dentatura sembrano essere un’etichetta sulla sua persona. Tutti lo chiamano “il dentone”. Col passare del tempo, la commissione spera che questo candidato non superi le prove intermedie. L’ammissione è esplicita. Non solo è opportuno che vinca il più sponsorizzato e politicizzato dei partecipanti, ma è anche improponibile un volto del genere in primo piano e di fronte a milioni di telespettatori. Bertone è inarrestabile. Parla un numero impressionante di lingue straniere, ha una parlantina fluida e non s’inceppa nemmeno coi più astrusi scioglilingua. Ha anche un sottile fascino con le donne: incontra per caso le gemelle Kessler e trova un modo per flirtare con loro come con la stessa Germani.
Non lo ferma nemmeno la possibilità di essere ingiustamente multato quando parcheggia in senso contrario la propria automobile. Nessuno ha il coraggio di parlare chiaro, di dirgli esplicitamente che questo lavoro non fa per lui in funzione del suo aspetto. Prova a seguire questa strada un membro della commissione, il sacerdote Baldini.
Questi riferisce a Guglielmo che il difetto fisico che lo caratterizza non lo renderebbe adatto, ma il preparatissimo giovane di belle speranze si mette di profilo e parla del suo naso invece che dei denti. Nemmeno un presunto vizio di forma nell’invio della documentazione o la volontà di farlo incespicare con domande a trabocchetto o capziose potrà qualcosa contro la forza del livello culturale di Guglielmo.
Ma come fa il protagonista di questo film ad episodi a non soffrire per l’evidente problematica legata ai propri denti? Semplicemente la sua posizione rispetto a quelli che nel pensiero occidentale si chiamano “complessi” è ben esplicita: essi non sono innati, ma la loro origine deriva dal fatto che è il mondo a farceli notare. Quello che è interessante è che tanto Freud quanto Jung vedevano nei complessi una struttura inconscia, inconsapevole, mentre il senso comune ritiene che il complessato sia fermamente consapevole del fatto che l’oggetto del proprio dissidio e tormento interiore sia qualcosa di esplicito e consapevole. Questo è uno dei tanti casi in cui la cultura popolare ha introiettato in modo diametralmente opposto un concetto del pensiero. Filosoficamente parlando, il complessato ha bisogno di rendere trasparente al proprio Io una nozione che gli sfugge a livello conscio. Se in lui non sono subentrati dei meccanismi inconsci di difesa della propria psiche, le difficoltà esistenziali e psicologiche sono notevoli. La mossa vincente di Guglielmo Bertone è dunque solo una: la cultura difende la psiche umana molto di più di ogni altra nozione archetipica junghiana, in cui il soggetto è al centro di un dissidio tra il proprio carattere e la società in cui è vissuto ed è stato inserito. Chi è colto, gentile e raffinato come il protagonista di questo pilotato concorso pubblico non teme mai il giudizio degli altri ed ha sempre una risorsa in più.
PARERGA E PARALIPOMENA
La complessità di ciò che è semplice
Il termine complesso, inteso come sostantivo e riferito ad un disturbo psicologico o addirittura ad una patologia, implica la necessità di superare ed accettare una problematica che ci crea disagio, che ci fa vivere in modo poco sereno. Ma se complesso diventa nella nostra lingua un aggettivo, ecco che la sua natura muta. Ciò che è arduo e difficile da conoscere ed interpretare diventa legato alla necessità di una soluzione che tutti desidererebbero essere immediata. La natura umana ritiene che ciò che sia grande e mirabolante nasconda alle sue spalle sempre una nozione di un coefficiente di difficoltà notevole. Per questo motivo, le soluzioni di grossa portata ai grandi problemi della vita sembrano essere antiteticamente legate ad un altro aggettivo: semplice. Ma è ben noto come le menti geniali abbiano avuto una grande prerogativa: rendere semplice la risoluzione di problemi complessi, utilizzando spiegazioni elementari ed efficaci. Fra questi speciali individui è possibile annoverare sicuramente Filippo Brunelleschi. Nel progetto per la costruzione di Santa Maria del Fiore, il suo operato fu connesso alla necessità di dimostrare l’efficacia delle proprie idee, a fronte di una difficoltà concettuale che noi tutti avremmo intravisto nelle sue azioni: non sembrava logicamente possibile edificare una cupola per la cattedrale di Firenze che fosse costruita in muratura e che si reggesse su di un diametro di oltre quarantacinque metri. Ciò che più non convinceva i tecnici dell’opera del duomo era la possibilità di utilizzare una doppia calotta, che avrebbe notevolmente appesantito la struttura in muratura e marmo. L’episodio è ben noto. Brunelleschi schiacciò un uovo su di un tavolo, per dimostrare che anche un solido di forma ovale poteva stare in piedi con una perfetta stabilità su di una superficie piana. Quando tutti dissero che erano capaci anche autonomamente di fare un’operazione del genere, la risposta fu che solo quando qualcosa viene finalmente spiegata tutti la trovano semplice e che il proprio operato, una volta dettagliato, sarebbe stato ritenuto tale senza tener conto dell’innovatività che lo caratterizzava. Questo aneddoto è immortalato da Giuseppe Fattori in un omaggio artistico ottocentesco alla figura del grande architetto, uno dei suoi impeti patriottici ad un’Italia che si preparava a diventare unita.
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Scheda del film
Regia
Luigi Filippo D’Amico
Titolo originale
Guglielmo il dentone (I complessi)
Durata
102 minuti (Complessivi)
Genere
Commedia
Data di uscita
1965
Dettagli dell’opera
Titolo
Brunelleschi fa la prova dell’uovo
Autore
Giuseppe Fattori
Tecnica
Olio su tela
Realizzata nel
1845
Ubicazione