Il razionalismo etico di Socrate
Perché dovremmo comportarci bene col prossimo? La risposta potrebbe essere semplicemente che ci sono dei principi collettivi da rispettare. L’obiezione più diffusa è che il proprio tornaconto si ottiene con la malvagità. Una lezione del mondo antico ci spiega che operare per il bene è anche trarne vantaggio individuale.
Gennaro Bellavista è un professore di filosofia in pensione. Vive con la moglie e la figlia in un pittoresco palazzo napoletano, organizzando delle riunioni coi propri amici in cui discute delle proprie teorie. Ritiene che alcuni popoli siano votati all’amore, cioè alla condivisione dei sentimenti ed alla socialità, altri alla libertà, ovvero all’individualità ed alla riservatezza.
Simboli profondi di questi due atteggiamenti sarebbero due città in Italia: Napoli per l’amore, Milano per la libertà, con un’attenzione al presepe per la prima location ed all’albero di Natale per la seconda. A turbare l’organizzazione approssimativa, ma funzionale agli scopi di una serena convivenza del condominio, giunge un nuovo inquilino, il dottor Cazzaniga, nuovo funzionario dell’Alfa Romeo che da quel momento dovrà lavorare a Pomigliano d’Arco. Anche quest’uomo ha una moglie ed una figlia, ma la sua puntualità, il suo senso dell’ordine e l’apparente freddezza con cui si relaziona coi propri vicini di casa non sono graditi non solo al prof Bellavista, ma anche ai suoi improvvisati discepoli. Tra siparietti e discussioni attorno ad Eric Fromm, agli stoici ed agli epicurei, un ulteriore episodio porterà a delle profonde analisi sul pensiero antico. La figlia di Bellavista è incinta di Giorgio, un giovane architetto disoccupato. I due dovranno sposarsi, ma l’assenza di un alloggio e di un impiego rappresenta una notevole difficoltà. Ma a questo si rimedia. Pur essendo preoccupato per la mancanza di un reddito certo, da bravo padre sarà possibile anche ospitarli in casa propria in attesa di una migliore sistemazione. Un brindisi sugella la felice unione.
Il futuro genero ha ora una possibilità di lavoro concreta. Potrà rilevare il negozio di uno zio che vende paramenti ed arredi sacri nella centrale via Duomo. Purtroppo quell’esercizio commerciale è al centro di una faida di camorra. Due clan rivali se lo contendono ed inviano missive ed esattori per taglieggiare anche i nuovi proprietari.
In particolar modo è il secondo emissario a spaventare molto, ma stavolta Gennaro Bellavista vuole essere presente e s’inserirà nel dibattito esattamente come in un dialogo platonico, dove il protagonista assoluto è Socrate. A ben vedere, Luciano De Crescenzo ha sempre dichiarato la sua entusiastica ammirazione per questo filosofo, ma in questa scena non solo gli rende implicitamente omaggio, ma finisce per avvicinare gli spettatori alla dimensione del razionalismo o intellettualismo etico.
Il camorrista sta concretamente minacciando Giorgio. Gli è già noto che un altro esattore è passato a riscuotere il pizzo, ma quel personaggio non doveva osare farlo. Il debito è solo nei riguardi della famiglia di cui è referente e se nessuno pagherà la tangente, qualcuno potrebbe anche rimetterci la vita. Il gesto è significativo e perentorio: una delle statuette votive presente sul banco di vendita viene colpita e le si stacca la testa. Bellavista prende la parola e dopo aver esplicitamente richiesto se qualcuno morirà, pone una domanda personale, chiedendo se quell’uomo fosse nato a Napoli e da genitori napoletani. La risposta è affermativa, e sorprende il professore: un uomo d’amore può mai minacciare di morte dei propri simili solo per denaro? Il dibattito diventa serrato. L’elegante criminale allude a centinaia di migliaia di disoccupati, che non possono che far dimenticare una visione ottocentesca di una città caritatevole. Napoli muore di fame e non può badare alle astrazioni. Ma Bellavista ora incarna perfettamente Socrate. La lezione del pensatore ateniese riguarda proprio l’uso razionale dell’etica. L’uomo buono è virtuoso e sapiente, comprende che operare per il bene significa non soltanto giovare alla propria comunità, ma trarne anche una contropartita personale, essere più felice e sereno individualmente. Solo l’ignorante è incline al vizio ed al male, dal quale non soltanto non potrà offrire giovamento collettivo, ma nemmeno individuale. La dimostrazione è nelle parole del camorrista. Chi non fa l’estorsore è un uomo senza coraggio, la miseria e la partenopea arte di arrangiarsi dei disoccupati è un atto vile. Bellavista sostiene invece che quello che i criminali chiamano coraggio è in realtà un profondo vizio: pusillanimità. In fondo mettere una bomba davanti ad una saracinesca causando anche la morte degli abitanti dei piani superiori è solo un atto vigliacco. Ma il problema principale, secondo il professore, risiede proprio in una cattiva scelta razionale. Le estorsioni portano in primo luogo ad un danno per la comunità: commercianti che falliscono, aziende che chiudono, emigrazione forzosa dei giovani. Ma il più grande danno è per gli stessi camorristi. Arricchirsi in quel modo vuol dire uccidersi tra appartenenti a fazioni rivali e subire le vendette trasversali: vedere morte madri, sorelle, figli non è certo gradevole. La camorra si è fatta bene i conti? Secondo Gennaro Bellavista la risposta è ovviamente no. E delle teorie su amore e libertà?
L’imponderabile mancato funzionamento dell’ascensore porterà Bellavista e Cazzaniga a passare delle ore chiusi nell’oscurità. La razionalità porterà il professore ed il capo del personale dell’Alfa a stringere una profonda amicizia partendo da comuni riflessioni su figli, lavoro ed opportunità, tutte accompagnate da un gustoso panettone divorato per via della fame, dolce d’amore e non di libertà!
PARERGA E PARALIPOMENA
Ragione non astuzia
Operare scelte razionali per rendere felici i membri della comunità in cui si vive, per sostenere quanto rende individualmente più sicuri e forti, per non temere le ritorsioni altrui, per non dover coprire bugie e malefatte. Il richiamo socratico, con le opportune variazioni, avrà un successo incredibile nell’etica occidentale, passando attraverso figure come Platone, Aristotele, Agostino ed altri pensatori che hanno sostenuto il valore dell’intellettualismo etico. Ma cosa ne è dell’astuzia, della capacità di generare espedienti, dell’arte di poter giungere a trovare un escamotage come segno di una viva intelligenza non necessariamente al servizio del bene e della verità? Socrate non avrebbe saputo cosa farsene e se questa dote è spendibile, essa è tale solo in azioni nelle quali il livello etico dei rapporti fra gli esseri umani è costretto necessariamente ad una rivisitazione. Il caso più esemplificativo è quello della guerra. Il genio strategico di Ulisse è stato notevolmente sfruttato dalla coalizione greca contro i Troiani per la messa in opera del celeberrimo cavallo, finto dono lasciato sulla spiaggia antistante le porte della città nemica. Ma è interessante ricordare come l’astuzia non è stata eticamente accettata dallo stesso popolo, a fronte del fatto che Ulisse non desiderava partire per la Guerra di Troia. Avrebbe preferito non abbandonare la patria, non lasciare Itaca. Il mezzo per evitare d’imbarcarsi? Fingere di essere impazzito. Heywood Hardy, pittore inglese noto per la sua passione nel rappresentare i cavalli, volle proporre proprio questa scena. Ulisse indossa un abito. Tenta di arare un campo, che in realtà è una poco fertile spiaggia della propria isola e lega all’aratro un bue ed un cavallo, animali non conciliabili per la trazione. Come se non bastasse, al posto dei semi sta spargendo sale sulla sabbia. Palamede, delegato di Agamennone, comprese subito che Ulisse stava fingendo, ma aveva bisogno di qualcosa, anzi di qualcuno che mettesse fine alla farsa e che fosse un elemento di estremo ripristino della ragione. Il piccolo Telemaco venne sistemato proprio davanti all’aratro. Lì si fermò l’astuzia di Ulisse di fronte alla ragione: sacrificare la vita del figlio non valeva la sua renitenza alle armi.
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Scheda del film

Regia
Luciano De Crescenzo
Titolo originale
Così parlò Bellavista
Durata
105 minuti
Genere
Commedia
Data di uscita
1984
Dettagli dell’opera
Titolo
Ulisse mentre ara la spiaggia
Autore
Heywood Hardy
Tecnica
Olio su tela
Realizzata nel
1874
Ubicazione