Un’analisi razionale della pena di morte
Gradualmente l’etica contemporanea si è schierata contro le sentenze capitali. L’atteggiamento è di filantropica attenzione per il reo. Sorprende immaginare che le prime voci di dissenso non difendevano il principio della vita, ma quello dell’opportunità della punizione.
Confortorio è un’analisi triste e profonda sulla vera vicenda di due servitori di religione ebraica che nel 1736 vengono arrestati con l’accusa di furto con scasso e poi sommariamente processati e giustiziati.
Tutto davvero molto sconfortante, al contrario del titolo di questo mediometraggio, che deriva dalla pratica delle varie confraternite della morte di assistere i condannati nelle loro ultime ore. Ma perché episodi come quello descritto e recuperato in questo film hanno contribuito a formare nel XVIII secolo una coscienza critica contro la pena di morte? Nel 1764 il celeberrimo Dei delitti e delle pene di Cesare Beccaria offre una precisa disamina della necessità di abolire la pena capitale. Essa è improduttiva per una serie di parametri razionali e non disumana ed incivile, come oggi eticamente e religiosamente viene considerato il lavoro del boia. Anzitutto il reo non la teme: tocca sempre agli altri essere beccati in flagranza di reato e morire. L’ipotesi che possa essere un deterrente non funziona, anche perché la morte non è logicamente esperibile in vita, e così si può immaginare come più dura ed incisiva la carcerazione a vita, la condanna ai lavori forzati o l’isolamento coatto, rispetto alla minaccia aleatoria del patibolo.
Inoltre, se lo scopo del carcere è il recupero ed il reinserimento di un colpevole, ucciderlo non consente di sicuro questa possibilità. È così elevata l’impostazione razionalistica e funzionale al buon governo che Beccaria non proporrà l’assoluta abolizione della pena di morte, ma la sua applicazione solo in rarissimi casi quelli in cui, per l’appunto, chi dovrà essere eliminato non rappresenterà più un potenziale pericolo per gli altri, in quanto criminale impenitente. Questa matrice deduttiva ed analitica è pienamente riscontrabile in Confortorio. I Confratelli di San Giovanni Decollato a Roma cercano di fare opera di persuasione sui due ebrei.
Dovranno convertirsi. Il motivo? Avranno una contropartita considerevole, ovvero la vita eterna. La risposta dei due malcapitati è secca: il premio, per chi non crede nel Paradiso è la vita stessa, e domattina, quando gliela toglieranno, non vi sarà per loro pace. Il boia gli fa visita in carcere: converrà ai due rei non confessi convertirsi al Cristianesimo. Se non lo faranno il dolore della corda al collo sarà lungo e straziante. Lui, invece, esperto in impiccagioni, potrà frantumargli in un istante le vertebre cervicali, senza sofferenze aggiuntive.
Ma questo, si sa bene, è il premio per due cristiani, non per due ebrei infedeli. Nessuno cita il paradigma del perdono, della fede, dell’amore dello Stato più cattolico al mondo.
È solo una profonda ragione ad animare, paradossalmente, chi illuminista non lo è e non lo sarà mai: in fondo siamo a Roma, non a Napoli o Milano, né a Firenze dove nel 1786 il granduca Leopoldo abolirà la pena di morte e la tortura per primo al mondo, seguendo, guarda un po’, quella stessa razionalità che gli consentirà di bruciare gli strumenti di sofferenza nel cortile del Bargello.
Parerga e Paralipomena
Autodafé: lo spettacolo della morte
Chi legge l’opera di Voltaire Candido, ovvero sull’ottimismo, trova una polemica a distanza con Leibiniz su ogni forma di ottimismo metafisico. In particolare tra le tante peripezie, il nostro Candido si trova in un autodafé. Si tratta di un termine di origine portoghese che venne traslato in tutta Europa e che la Chiesa chiamava sermo generalis. Era una sorta di gigantesco intrattenimento che poteva contare anche su centinaia di condannati a morte, messi anche in ridicolo poiché eretici pertinaci. A chi si pentiva in articulo mortis veniva concessa la possibilità di essere strangolato o decapitato prima delle fiamme. Per chi si rifiutava fino all’ultimo, la pena era il rogo senza alcuna possibilità di intermediazione verso l’ultimo alito di vita. Da sempre la pena di morte è un evento pubblico che suscita l’attenzione delle persone. Un’esperienza da mostrare ai figli nella Roma papalina, cui segue uno schiaffo, per fargli rammentare la fine che fanno i delinquenti. Un modo per educare il popolo che Michel Foucault ha duramente criticato in Sorvegliare e punire. In ogni caso una sorta di grande evento commerciale, al punto tale che grandi piazze europee sono nate con questo scopo oltre che con quello di far sfilare soldati. Così, se oggi vi incamminate da Puerta del Sol a Plaza Mayor a Madrid, potrete seguire il percorso che il pittore Francisco Rizi descrive nel suo enorme quadro in mostra permanente al piano terra del Museo del Prado: Autodafé. Oggi nessuno si sognerebbe di rasarvi i capelli, di vestirvi in modo ridicolo e con dei berretti da somaro ma le cerimonie religiose si svolgono tuttora sullo stesso itinerario nella settimana di Pasqua.
Potrebbero interessarti anche…
Seguici su Facebook
Scheda del film
Regia
Paolo Benvenuti
Titolo originale
Confortorio
Durata
85 minuti
Genere
Drammatico
Data di uscita
1992
Dettagli dell’opera
Titolo
Autodafé in Plaza Mayor a Madrid
Autore
Francisco Rizi
Tecnica
Olio su tela
Realizzata nel
1923
Ubicazione