Il genio in Kant
Grandi menti, uomini illustri o esseri geniali? Esiste una differenza tra ciascuno di loro in funzione di caratteristiche che li rendono tali e che ne distinguono anche la possibilità dello studio e della diffusione delle loro scoperte o intuizioni.
La vicenda è tratta dal un’opera teatrale di Peter Shaffer e mutuata dalla tesi di Puskin di un avvelenamento di Salieri ai danni di Mozart. A giudizio di molti esperti, l’invidia palesata da Antonio Salieri nei riguardi di Mozart sarebbe infondata e tanti aspetti biografici non sarebbero adeguatamente curati. La narrazione è affascinante per com’è raccontata e forse è meglio che resti tale ai fini di una disamina filosofica del film. L’inizio è dei più promettenti: un rancoroso ed insoddisfatto Salieri tenta di togliersi la vita ed in un misto tra una confessione religiosa ed un senso d’insoddisfazione, racconta delle vicende di Mozart: è una continua tensione tra la sua mediocrità e la genialità del suo antagonista.
Il nostro interrogativo è allora proprio questo: che cos’è la genialità? A tale quesito, ben tre ore di film rispondono pienamente se immaginiamo che quanto Immanuel Kant ha sostenuto alla fine del XVIII secolo è stato narrato nel 1984 in Amadeus. Nel 1774, Kant redasse degli appunti personali per un ciclo di lezioni universitarie in una discussione attorno all’Essay on Genius di Alexander Gerard in cui viene contestata la possibilità di definire genio colui il quale produce importanti scoperte nel campo scientifico. Kant chiama queste “grandi menti”, poiché sono state capaci di aver aperto nuove frontiere della conoscenza attraverso un metodo ed una corretta disamina della natura, riferimenti, questi, che possono essere senz’altro insegnati e lasciati ai posteri come conoscenze fondate, imitabili e insegnabili. Nel 1790, Kant pubblica la prima edizione della Critica del Giudizio. In essa troviamo un’incredibile analisi filosofica. Kant prova ad essere sistematico nel tracciare il carattere del genio. In particolare gli attribuisce quattro grandi caratteristiche: è inconsapevole delle sue doti, è esemplare, cioè imitato da molti emulatori, è spontaneo ed è unico. Il più evidente esempio cinematografico di un genio kantiano? Il Mozart di Amadeus. Il motivo? Mozart è imitato in tutto il film e non imita nessuno. Per far capire che è un musicista, Salieri propone al suo confessore dei propri brani. Non ne viene riconosciuto nessuno. Ma quando suona esemplificativamente il motivetto di Eine kleine Nachtmusik, il sacerdote ricorda al volo la melodia e la canticchia, scusandosi del fatto di non sapere che fosse di Salieri. Peccato che il brano fosse di Mozart. Allo stesso modo, dopo una serie di peripezie, Mozart chiederà a Salieri di aiutarlo nella redazione del suo Requiem, ma il musicista italiano tenta di imitare lo stile di Wolfgang e non riesce nemmeno a reggerne i tempi della dettatura dello spartito.
Chi non ricorda la fragorosa risata di Mozart interpretato dall’attore Tom Hulce?
Essa scaturisce, come una sorgente naturale in un terreno, in modo spontaneo dall’espressione del volto del grande musicista: un fiume in piena non programmabile ed un qualcosa che rende questo tratto peculiare del personaggio una sorta di marchio di fabbrica di Forman nell’immaginario mozartiano: la risata come atto spontaneo del genio. Ma cos’altro significa la risata forte ed onnipresente di Mozart? Una dimostrazione della consapevolezza del suo genio? Assolutamente no. Le doti del compositore di Salisburgo sono più che mai inconsapevoli e sono espresse in una scena che descrive una riunione con l’imperatore Giuseppe.
Il sovrano deve scegliere a chi commissionare un’opera per il teatro nazionale: durante l’incontro, al quale sono presenti, oltre a Salieri, due nobili e dignitari di corte ed il maestro di cappella Giuseppe Bonno, Mozart ha modo di dimostrare il suo genio, modificando all’impronta delle note di una marcetta di benvenuto composta da Salieri e che l’imperatore prova a suonare: è stata creata all’istante l’aria Non più andrai delle Nozza di Figaro che impressiona tutti per questa profonda capacità d’inconsapevole talentuosità: l’artista, in quanto genio e non scienziato non sa cosa lo abbia portato a creare la sua opera. Tutto il clima di produzione artistica che ruota attorno ad Amadeus rende non solo Mozart, ma questo Mozart, unico e non comparabile non solo agli altri tentativi di resa filmica ma ad ogni altra forma d’immaginario che è riscontrabile attorno a questo musicista.
Mozart è non solo unico perché, come direbbe Kant, ve ne è stato soltanto uno, ma anche perché è sintesi d’immaginazione ed intelletto, possiede delle doti che si attivano solo all’occorrenza (quando suona, quando compone) ed ha in sé un modo personale di lavorare attorno alla sua musica che nessun altro saprà comporre.
Parerga e Paralipomena
Lo scienziato pazzo
Se Kant ha ben differenziato il genio dall’uomo di scienza, esiste una figura intermedia che è stata denigrata in ogni contesto culturale o al massimo caricaturizzata nei fumetti: lo scienziato pazzo. Si tratta di un uomo che ha perso il senno, che ha cominciato a percorrere un sentiero di conoscenza razionale e che ha avuto la presunzione di sconfinare in un ambito che non ha potuto più dominare in corso d’opera. Nell’opera del 1797 L’apprendista stregone, Goethe crea involontariamente questo stereotipo in chiave moderna. In questa ballata, uno stregone si assenta temporaneamente dal suo studio e lo affida al proprio apprendista. Questi per potersi dedicare alle pulizie risparmiando fatica, con una parola magica del maestro comincia ad animare una scopa. Notando che l’attività era diventata ingestibile, spezza in due il bastone, col risultato che l’incontrollabilità raddoppiava in due scope che stavano allagando tutto lo studio. Solo il ritorno del vero stregone consente di usare la parola magica di ripristino. Proprio perché avventuratosi in un campo che non sa ben circoscrivere, l’uomo di scienza che ritiene di essere geniale e che usa la propria presunta intuizione in parametri non codificati, finisce per rovinare ogni possibilità di scoperta e divulgazione del sapere. Il pittore tedesco Caspar David Friedrich ricevette nel 1822 e su commissione l’incarico di rappresentare la natura del Settentrione. Come uno scienziato che non sa dove avventurarsi, Friedrich comprese che stava iniziando a dipingere per la prima volta nella sua vita senza sapere come avrebbe completato un quadro. Ne scaturì una nave fatta a pezzi in un naufragio e completamente coesa nel ghiaccio. Il senso di sgomento è lo stesso di chi vede crollare le proprie certezze di fronte all’idea che ciò che lo guidava, come sapere personale, si perde di fronte a qualcosa di più grande. Un navigante davanti al mare, un uomo colto di fronte alla conoscenza di ogni cosa del mondo sono rappresentabili in questo modo. Era nato il Mare di ghiaccio, opera dove la tecnica e la genialità sono un monoblocco di relitti e ghiacciai, un misto tra natura ed artificio, tra genio e scienza.
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Scheda del film
Regia
Miloš Forman
Titolo originale
Amadeus
Durata
160 minuti
180 minuti director’s cut
Genere
Biografico, drammatico, musicale
Data di uscita
2013
Dettagli dell’opera
Titolo
Il Mare di ghiaccio
Autore
Caspar David Friedrich
Tecnica
Olio su tela
Realizzata nel
1824
Ubicazione