San Tommaso: Necessitas non habet legem
L’etica e il diritto vivono il problema della loro applicazione universale. L’uomo non sa come agire quando è costretto a valutare la sua condotta in presenza di situazioni estreme ed imponderabili. Così le nostre azioni possono superare le tradizionali categorie di responsabilità e di rispetto per l’altro uomo.
Una squadra di giovani rugbisti sta sorvolando le Ande. Vengono dall’Uruguay, e sono uguali ai loro coetanei in tutto. Parlano di ragazze, di cibo, persino delle loro personali scelte religiose.
Uno di loro ha deciso di abbandonare la fede cristiana. Si definisce apostata ed afferma di non credere più. Giochi, battute, un immancabile mattacchione prende spunto da una turbolenza di volo per fare un annuncio. Sarà il caso di allacciare le cinture di sicurezza, perché presto saranno fondamentali. Purtroppo il salto dallo scherzo alla tragedia è breve. Il neo miscredente inizia a pregare, le urla ed il terrore sono la reazione all’allarmante situazione.
L’impatto con la catena montuosa causerà immediatamente la morte di ventinove passeggeri. Siamo nel 1972 e la strumentazione di bordo, oltre che quella personale di ogni sfortunato membro di quel viaggio, non consente di chiamare i soccorsi e d’individuare il punto esatto del disastro. Di sicuro l’acqua non mancherà: basterà far sciogliere la neve al sole ed a quell’altitudine non è un problema. Ma le riserve di cibo sono destinate ad esaurirsi. A questo punto i sedici sopravvissuti devono prendere una decisione. Di fronte a loro, allineati e parzialmente seppelliti dalle lastre di ghiaccio, vi sono diversi cadaveri.
Potrebbero rappresentare una fonte di sostentamento alimentare, un serbatoio di energia anche per quelli che vorranno avventurarsi nella ricerca dei soccorritori. Sarà una scelta senza ritorno, apparentemente contraddittoria anche con il redivivo spirito cristiano che sta coinvolgendo tutti i sopravvissuti. Il valore della preghiera è più che mai antitetico all’antropofagia.
Non solo il codice penale, ma anche il cattolicesimo nega fortemente la possibilità di cibarsi di esseri umani. Ma da un punto di vista giuridico e teologico li attende davvero una doppia violazione della legge? A giudizio di San Tommaso sulla sommità delle Ande non si sarebbe consumato né un grave reato né un peccato mortale. Nella sua visione di filosofo del diritto, presente nella Summa theologiae, in un caso del genere è applicabile la massima “necessitas non habet legem”, riferimento che oggi è detto “principio di necessità”. Il passo chiarificatore recita letteralmente “Se il pericolo è immediato e non dà tempo per ricorrere alla legge di Dio o a quella di un uomo superiore, la necessità stessa comporta la dispensa, poiché la necessità non ha legge”. Più che mai osservare sempre letteralmente la legge di Dio o quella dell’uomo, potrebbe rivelarsi dannoso per il bene di una comunità, caso costituito dai sedici superstiti alla sciagura aerea.
L’apparente contraddizione fra l’innata propensione della specie umana a non cibarsi dei propri simili e la scelta di farlo scientemente è sanata dal contesto situazionale. Secondo San Tommaso la legge umana e divina non è violata o negata da casi del genere, ma semplicemente sospesa nella sua effettività. Se il diritto e la teologia nascono per la salvezza dell’uomo, non è importante se sia il corpo temporaneamente o l’anima eternamente a raggiungere questo traguardo. Ciò che è fondamentale è che l’obbligatorietà della legge venga meno proprio quando il fine per cui essa nasce è in pericolo: salvarsi.
PARERGA E PARALIPOMENA
Cannibali
Nel XVI secolo, il primato culturale dell’eurocentrismo nega l’antropofagia, tanto è vero che viene legata ai selvaggi ed è stata spesso motivo di profonde accuse alle civiltà precolombiane. Fu proprio Colombo a coniare il termine “cannibale”, riferendolo alla tribù caraibica dei Canibal che praticavano il macabro atto di cibarsi di carne umana. Ma la conoscenza dei rituali sacri degli Aztechi ha reso universale la credenza di una diffusa pratica dell’antropofagia da parte degli abitanti del Nuovo Mondo. Di sicuro nobili, sciamani, sacerdoti avevano il privilegio di mangiare parte del cuore appena estratto ai prigionieri. Tuttavia il cannibalismo è stato solo un riferimento per screditare i nemici nel corso della storia. Casi emblematici sono quelli non solo dei Conquistadores con gli Aztechi, ma anche degli Inglesi con gli Irlandesi, dei Belgi con gli invasori Tedeschi della Prima Guerra Mondiale, dei Cristiani con gli Ebrei o degli oppositori ideologici al comunismo, i cui membri sarebbero dei “mangiatori di bambini”. Come accadeva nelle narrazioni dei viaggiatori medievali e rinascimentali, immaginare che altre culture fossero totalmente composte da antropofagi era un modo per denigrarle e per sentirsi superiori fisicamente oltre che intellettualmente. Umani mono podalici, privi di testa e con occhi e bocca sul torace venivano descritti con la stessa doviziosa precisione verbale ed iconografica dei rari casi di cannibalismo. Non è casuale che nel periodo tra le due Guerre mondiali, la pittrice brasiliana Tarsilia do Amaral volle cimentarsi proprio su questa orrenda questione: l’antropofagia. Ritenne che una delle modalità per poter riscattare il passato coloniale della sua terra d’origine fosse quello di parlare attraverso le proprie tele, sottolineando come l’assetto culturale di cento anni d’indipendenza del Brasile, festeggiati negli anni Venti del XX secolo, passasse proprio attraverso il rispetto dell’identità culturale dei suoi avi.
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Scheda del film
Regia
Frank Marshall
Titolo originale
Alive
Altri titoli
Alive – Sopravvissuti
Durata
125 minuti
Genere
Avventura, drammatico
Data di uscita
1993
Dettagli dell’opera
Titolo
Antropofagia
Autore
Tarsila do Amaral
Tecnica
Olio su tela
Realizzata nel
1929
Ubicazione