Le forme matematiche
Quando a fare scuola è la scienza degli antichi, essa poggia sulla logica che la matematica non è nient’altro che rappresentazione di forme universali e di concetti semplici, che possono essere ricavati dalla mera osservazione del mondo
La storia di Ipazia narrata all’interno di questo film è intrisa di contrasti religiosi, dai quali questa ragazza è totalmente avulsa. Poco importa se le vicende personali di una donna hanno scarsa rilevanza nel quadro storico in cui si svolgono: il coraggio, la determinazione, la difesa dell’indipendenza della cultura dalla fede, ne fanno agli occhi degli spettatori un’eroina laica. Per molti interpreti, Ipazia è una martire non cristiana che esclama “Io credo nella filosofia” quando è costretta a dichiararsi a fronte dell’accusa di miscredenza assoluta. In tal senso, sono perdonabili anche le inesattezze biografiche, probabilmente mero espediente narrativo. Apparentemente tutta la trama poggia in modo quasi esclusivo su intrighi e giochi di potere politici, mutuati dallo scontro fra i monoteismi e la religiosità pagana del culto di Serapide. Ma ad Alessandria in realtà si faceva anche dell’altro in quegli anni. Non siamo soltanto nella sede della più grande biblioteca dell’Antichità, ma anche nel luogo dove prosegue una tradizione nello studio della scienza, la cui impostazione sarà dimenticata in seguito: partire da forme semplici della geometria per poi formulare analisi complesse ed universali.
Considerato che Ipazia non avrebbe mai potuto giungere a delle conclusioni che solo Keplero dimostrò in modo attento, le tante deduzioni che la narrazione propone potrebbero apparire insensate. Ma anche questo diventa trascurabile a fronte di una considerazione filosofica che si rende necessaria. Se in Platone quelle che vengono comunemente definite come idee non sono che in realtà delle forme e dei modelli d’impostazione matematica, tutto il film vuole avvicinarci proprio a questa logica che è esplicativa di come funziona l’universo e schema intuitivo generale della scienza dei Greci. Questa volontà di cercare la base logica di ogni cosa del mondo nelle forme più elementari della geometria piana è presente costantemente nei pensieri di Ipazia, per come ci viene descritta nelle scene del film. Mentre naviga come passeggera di un’imbarcazione, mentre dialoga col suo colto schiavo Aspasio, mentre fa lezione ai suoi fidati discepoli, mentre discute col padre Teone, Ipazia è sempre concentrata su delle figure geometriche. Il suo interesse per Aristarco di Samo, primo teorizzatore del sistema solare eliocentrico, deriva dallo studio della cosiddetta quadratura. Si tratta dell’illuminazione della Luna per metà della sua superficie, che forma con Sole e Terra un triangolo rettangolo.
Ipazia si rende conto dell’inadeguatezza del modello di Tolomeo proprio da una forma elementare: un triangolo. La sua mente riflette tuttavia sulla perfezione della circonferenza, base del modello geocentrico, contro le iniziali incongruenze dei suoi calcoli astronomici. Sembra essere di fronte ad un problema irrisolvibile: nessuna figura piana ha i punti equidistanti dal centro come per un cerchio. La soluzione? Deriva dall’osservazione attenta di un modello delle coniche di Apollonio di Perga.
Si tratta di quattro figure geometriche piane, l’ellisse, la parabola, la circonferenza e l’iperbole che possono essere intersecabili con un cono. Ipazia ha usato durante le sue lezioni il cono di legno componibile da cui sono ben evidenti le quattro figure come nelle odierne costruzioni componibili. Ora è proprio dall’ellisse che sta ricavando la sua avveniristica intuizione, alla base del modello eliocentrico e della teorizzazione non della circolarità ma dell’ellitticità delle orbite dei pianeti. In effetti, come Ipazia dichiarerà ad Aspasio, soltanto nell’ellisse la Terra mantiene costante la somma delle sue distanze tra due punti fissi, considerando i solstizi d’estate e d’inverno.
La tragedia è imminente: Ipazia sarà uccisa in modo orribile proprio da quella forza irrazionale della fede, quella che può portare ai peggiori crimini dimenticando la semplicità degli occhi di chi guarda al mondo attraverso le forme della matematica.
PARERGA E PARALIPOMENA
Occhi di bimbo
Audace pioniere dell’aria, scomparso nel nulla proprio mentre era intento all’esercizio della sua più nota passione: volare. Questo è quanto più spesso si ricorda di Antoine de Saint-Exupéry in termini biografici. Allo stesso modo, quando si cita il suo capolavoro letterario, la frase più inflazionata è l’essenziale è invisibile agli occhi. Come osservare la realtà nella sua profondità? Ragionando poco con i costrutti che da adulti si sono sommati nella nostra mente ed evidenziando che la capacità di ricavare la verità sul mondo parte dalla semplicità e dalla fervida immaginazione che ne consegue, doti che tutti abbiamo posseduto quando eravamo bambini. Oltre ad un’analisi testuale, Saint-Exupéry ci propone anche una visione prospettica diversa nella piacevole serie di disegni che hanno accompagnato l’edizione originale de Il piccolo principe. In una delle illustrazioni iniziali, mentre gli adulti si ostinano a vedere un cappello, solo gli occhi di un bimbo possono scorgere la suggestione di un serpente che sta inghiottendo un elefante. Il messaggio che il Piccolo Principe destina ai suoi lettori è molto simile al grande lascito intellettuale di Ipazia di Alessandria. Per comprendere cosa sia nella sua più profonda essenza ogni cosa del mondo, dobbiamo interpretare la realtà con forme elementari iniziali. Troppi costrutti, troppe sovrastrutture mentali, troppo sperimentalismo strumentale non fanno altro che annullare la capacità fanciullesca di basarsi sulla semplicità. Ma si potrà concepire un’intera poetica artistica solo su forme matematiche semplici? Lo sforzo del pittore olandese Piet Mondrian fu proprio quello di basarsi sui colori primari e su quadrati e rettangoli delimitati da tratti ben definiti. I suoi detrattori non vedevano oltre un semplice assemblaggio di quadrilateri. Mondrian era solito affermare che la sua forza consisteva nell’universalità, nell’aver bandito ogni emozione fugace ed ogni interpretazione arbitraria e relativistica. Finalmente l’immutabilità delle cose del mondo tornava ad essere quella degli antichi, con una pittura che si rifaceva alle componenti più semplici del reale.
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Scheda del film
Regia
Alejandro Amenàbar
Titolo originale
Ágora
Durata
126 minuti
Genere
Biografico, storico, drammatico
Data di uscita
2009
Dettagli dell’opera
Titolo
Composizione con rosso, giallo e blu
Autore
Piet Mondrian
Tecnica
Olio su tela
Realizzata nel
1929
Ubicazione