Il potere secondo Max Weber
Realizzare imprese incredibili, dedicare un’intera vita ad un progetto, significa talvolta mettersi contro tutti i propri simili. Una delle spiegazioni plausibili per questo scopo è quella di ricercare, talvolta anche in modo inconsapevole, il potere.
Questo film fu voluto per celebrare i cinquecento anni della scoperta dell’America, per evidenziare luci ed ombre di questa impresa e delle conseguenze che derivarono dalle scelte della dominazione spagnola nel Nuovo Mondo. Ma tutta l’esposizione viene affidata ad un biografo di Colombo che potrebbe risultare di parte, ovvero il figlio Fernando. In realtà l’aforisma con cui si apre la narrazione è una sorta di manifesto filosofico: di tutte le parole pronunciate dal padre, quelle più significative sono queste: niente di quanto venga dal progresso umano viene accettato da un consenso unanime. Ed allora cosa si potrà fare con tanti oppositori? La scelta non è quella del dialogo, ma la ricerca del potere, nella definizione profonda che Max Weber diede nella sua opera Economia e società: il potere è la possibilità che un individuo, agendo nell’ambito di una relazione sociale, faccia valere la propria volontà anche di fronte a un’opposizione. Poco importa quanto numerosa sia la schiera dei detrattori: chi ha potere realizza ciò che vuole. Dunque Colombo ha bisogno non di navi, gemme, marinai, interpreti o soldati, ma del potere: non sono sufficienti le sue convinzioni e la sua prodigiosa persuasione. Weber lo dice chiaramente: il potere è una relazione tra individui, e non un bene materiale. In questo senso, è opportuno distinguere due nuclei concettuali. Il primo è quello della potenza, ovvero la capacità di un soggetto riconosciuto più forte di imporsi su di uno più debole contro la sua volontà. Il secondo è quello della legittimità, dove il potere si afferma per il riconoscimento di una superiorità, di un’autorità. Il primo ostacolo ai suoi progetti che Cristoforo trova è il potere del secondo tipo, quello della Chiesa che ha un proselito assoluto ed unanime, derivato anche dall’azione della corona di Spagna che ha imposto militarmente il cristianesimo. Il moderato frate Marchena gli fa notare che ambizione e passione saranno malvisti all’Università di Salamanca e che dovrà rinunciare. Proprio di fronte a quei religiosi ed accademici, Colombo promette oro, un impero assoggettato a Castiglia ed Aragona e migliaia di anime da convertire.
Lo ascoltano Gabriel Sanchez consigliere dei reali di Spagna ed il teologo Rocas. Il parere del domenicano sembrerebbe essere sfavorevole: non è vero che tra la zona più occidentale dell’Europa e l’Asia esisterebbero, navigando verso Occidente, solo 750 leghe. Questo non solo perché Tolomeo ed Aristotele valgono ancor di più di Toscanelli e di Pierre d’Ailly, ma anche per non assecondare un pensiero autonomo e pericoloso. Ma a tavola mentre versa il vino a Rocas, per poi negarglielo simbolicamente, Sanchez utilizza un tema caro a Weber: il potere può essere dato senza sforzo e tolto con la stessa facilità. Colombo sarà pure un pensatore pericoloso e indipendente, forse un eretico, ma può essere utile alla causa di un impero.
Due uomini saranno gli ostacoli al potere che Colombo cerca. Il primo è proprio Gabriel Sanchez. Non ha né ammirazione né simpatie o personalismi da esercitare: incarna la ragion di Stato. Armare il viaggio costa come due banchetti. Un rischio che vale la pena di prendere poiché se Colombo avesse ragione vi sarà una fortuna e se avesse torto, poco da perdere. Ma questo impertinente italiano pretende i titoli di cavaliere, grande ammiraglio e viceré delle Indie Occidentali oltre che un decimo delle ricchezze. Colombo dovrebbe ridimensionarsi, ma ha bisogno del potere inteso come potenza e coercizione: è ambizioso esattamente come i nobili e la spunterà nella negoziazione.
Il secondo potenziale personaggio da cui guardarsi è Adriàn de Moxica. Partirà con una nuova spedizione e sarà uno dei nemici nati spontaneamente. Sanchez lo ha detto chiaramente: arrivare troppo in alto e troppo presto non può che causare problemi. Moxica non vuole moderazione con quelli che lui ritiene essere dei selvaggi. Amministrare il potere con un codice penale, essere blandi con dei potenziali indios rivoltosi, punire con la frusta e la spada le colpe dei conquistadores non sono pratiche che un nobile spagnolo può appoggiare. Il tradimento è alle porte con la nascita di un regime rivale ad Hispaniola.
La guerra interna è inevitabile, ma i fedeli al viceré delle Indie occidentali sembrano spuntarla contro Moxica ed i traditori sono accerchiati. Quest’ultimo sarebbe ucciso all’istante o fatto prigioniero e poi giustiziato. Riferisce a Colombo che nella madrepatria non saranno contenti dell’accaduto e che i titoli fittizi non servono a niente: i figli bastardi di Cristoforo non erediteranno nulla. Prima di precipitarsi nel vuoto dirà che loro, i veri nobili, sono tutto e sono immortali. Opposizioni, delazioni, malumori. Colombo appare incapace di governare, di amministrare denaro, uomini, di gestire ed edificare nuove città che vengono frantumate anche dalle tempeste e dalla pioggia. Di tutte le accuse, la più grave è quella di favorire i propri parenti a discapito di bravi gestori ed amministratori come il nuovo governatore, di cui aveva rifiutato inizialmente i servigi, don Francisco de Bobadilla. Il potere chiama questo nepotismo, la via verso la sequenza di eventi finali: la prigionia, la grazia, il declino. Ma prima che tutto finisca, resta un ultimo scambio con Sanchez, che vorrebbe troncare il discorso con una sola battuta: siete un sognatore.
Ora si parla di un potere che nessuno può ottenere per conto di altri: quello di rendersi immortali tramite la realizzazione dei sogni. Colombo ci è riuscito, Sanchez no, e questo non cambierà mai. Chiunque sarà ricordato, lo sarà solo in relazione alle sue incredibili avventure. La possibilità post mortem che il futuro dia maggior potere a chi ne aveva meno in passato non è contemplata da Weber, ma forse è proprio questo il potere di chi sogna.
PARERGA E PARALIPOMENA
Fare carriera
Quando da bambini ci hanno chiesto cosa avremmo voluto fare da grandi, avevamo di sicuro le idee chiare. Somigliavamo di più a Colombo. Eravamo dei sognatori e non c’interessavano i soldi, gli sforzi e la possibilità che qualcosa si realizzasse davvero perché, come in un gioco che ci appassiona, nulla appare pesante da piccoli. Col tempo non solo la stabilità economica, ma anche la concretezza hanno avuto un peso enorme sulle nostre scelte. Ma più di tutto c’è una parola che ben s’incrocia con le riflessioni di Max Weber sul potere: carriera. Non stiamo parlando del vecchio cursus honorum dei Romani o dei gradi da conseguire all’interno di un esercito. Si tratta di un meccanismo totalmente intangibile e non verificabile, non misurabile. Chi desidera fare carriera spera in un riconoscimento e nell’elogio da parte delle persone. Non di meno, auspica che un giorno gli dedicheranno una strada, che in un museo possa troneggiare un proprio capolavoro o addirittura un monumento in una piazza sotto cui c’è il proprio nome. Questo tipo di persone è spesso insoddisfatto non già perché vive una reale e misera situazione, non per l’indigenza, di cui probabilmente non soffrirà mai, ma per l’impossibilità di una coincidenza tra la propria valutazione dei successi conseguiti ed il grado di percezione della loro importanza da parte dell’altrui riconoscimento. Questo vuoto interiore è incolmabile e non c’è potere potenziale o di legittimità, per citare Weber, che possa colmarlo. Tante sono le motivazioni storiche ed antropologiche ascrivibili allo sterminio delle civiltà che noi definiamo precolombiane. Su tutte, spesso sfugge un’ipotesi filosofica: la percezione da parte degli europei che quei selvaggi fossero più felici di loro, anche se totalmente privi di potere e succubi della schiavitù, anche se ritenuti ingiustamente dei sub umani. Meglio allora ucciderli, rispettando una prescrizione rigida che è anche una delle regole dell’ordine domenicano: il silenzio. Forse è proprio questo che gli esploratori dovettero osservare nel Nuovo Mondo rispetto a questa semplice considerazione: meno carriera significa più felicità, ma è meglio non farlo sapere in Europa, specie ai domenicani che amministravano i processi dell’Inquisizione. Un mutismo derivato non dall’essere assorti nello studio e nei pensieri superiori, come lo stesso Beato Angelico ci ricorda, ma dalla censura che il potere impone ai suoi sottoposti.
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Scheda del film
Regia
Ridley Scott
Titolo originale
1492: Conquest of Paradise
Altri titoli
1492 – La conquista del paradiso
Durata
149 minuti
Genere
Biografico, drammatico, storico
Data di uscita
1992
Dettagli dell’opera
Titolo
San Pietro Martire che ingiunge il silenzio
Autore
Beato Angelico
Tecnica
Affresco
Realizzata nel
1442
Ubicazione